Il cacciatore di anatre
Riusciremo mai a liberarci
dei film italiani ambientati durante il fascismo? Potrà mai un certo cinema
italiano sottrarsi all’uso della voce fuori campo e della sdolcinata e pomposa
musica in sottofondo per rinforzare i momenti “lirici” di un film?
Il cacciatore di anatre, opera
seconda di Egidio Veronesi, non è esente da queste “imperfezioni” e si
caratterizza per il ricalco scolastico e didascalico di atmosfere già mostrate
in passato sul grande schermo. La vicenda ambientata nella provincia modenese
dal 40’ al 45’, narra la storia di quattro
amici Mario (Federico
Mazzoli),
Oreste (Paolo
Lodi), Loris
(Augusto
Gatti), Gino
(Giorgio
Paltrinieri)
che trascorrono le giornate all’osteria e sognano di poter dare una svolta alla
propria vita. La guerra è alle porte e, fatalmente, i loro destini di
divideranno. La trma si srotola all’indietro con un lunghissimo
flashback e Mario funge da voce narrante. Non mancano delle piccole intuizioni
narrative; un francese che ritorna in quei luoghi per impossessarsi di un tesoro
che un suo avo, soldato al tempo di Napoleone, aveva nascosto in un fienile ed
una bizzarra corsa in moto del pittore Ligabue. Troppo poco per un film, dal
passo lezioso e trattenuto, che non sprigiona emozioni e che può fare il paio
con una dignitosa fiction televisiva.
Recensione
pubblicata su Segno Cinema - N. 171 Settembre - Ottobre 2011
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