Intervista Margherita Buy

 

Anna Magnani, Sofia Loren, Gina Lollobrigida, Silvana Mangano, Giulietta Masina, Stefania Sandrelli; sono questi alcuni dei volti femminili più significativi del cinema italiano degli ultimi cinquant’anni. Un posto in questo Olimpo è certamente riservato a Margherita Buy, attrice romana che ha dato vita ad alcuni dei personaggi più toccanti, intimi e vitali del tanto bistrattato cinema nostrano. Ospite del Napoli Film Festival, Buy, si è raccontata, non senza tradire un pizzico d’emozione. 

Quale ‘è il film a cui lei è particolarmente legata?

 

"Credo sia Fuori dal mondo, pellicola diretta da Giuseppe Piccioni nel 1999. Ricordo che in quel periodo ero in crisi ed ero anche sul punto di abbandonare il mio lavoro. Il film ebbe mille difficoltà anche perché trattava di un argomento molto particolare. Non solo fu visto in America e nel resto d’Europa ma fu candidato all’Oscar come miglior film italiano dell’anno. Man mano che mi calavo nel personaggio fu lo stesso Piccioni che mi spinse a frequentare i conventi ed a parlare con le suore."

 

Ozpetek e Piccioni sono i due registi che ti hanno valorizzata di più. Lavorano diversamente con gli attori?

 

"Ozpetek da un po’ di tempo, prima di girare, propone agli attori la lettura collettiva del testo. Piccioni è forse con gli attori meno giocoso e sciolto di Ferzan."

 

Al cinema ha spesso interpretato il ruolo di una donna tradita dal marito, nevrotica e frustrata. E’ lei che va incontro a queste storie o sono le storie che scelgono lei?

 

"Le donne che ho interpretato possono sembrare eguali ma sono sempre molto diverse tra loro. In  Saturno contro di fronte al tradimento del marito reagisco in maniera più fredda e consapevole che in altri film. La verità è che il cinema italiano ama questo tipo di storie, non produce film di fantascienza o di altro genere ed io, forse, non ho la faccia giusta per interpretare la terrorista."

 

Che ne pensa della polemica scatenata dalle ultime affermazioni di Quentin Tarantino?

 

"Penso siano state una cosa stimolante per tutti. Non amo però, quel tipo di vittimismo, tipicamente italiano. Il nostro cinema è fatto di piccole cose ma è ancora apprezzato e ben visto all’estero."

 

Come ci si sente ad essere une delle attrici italiane più premiate?

 

"A volte vincere troppi premi scatena antipatia. Mi fa piacere riceverli e se non me li assegnano ci resto male. Sono una persona molto riservata, non frequento molto i miei colleghi e partecipare a questi premi è per me l’occasione per incontrare vecchi amici."

 

Il cinema è sempre pieno di aneddoti. Qual è quello che ricorda con maggiore simpatia?

 

"Nanni Moretti mi chiese di far un provino per La stanza del figlio. Fu gentilissimo, come al solito, ma poi la sua scelta cadde su Laura Morante. Qualche anno dopo, prima di girare Il caimano mi telefonò. Credendo che fosse  uno scherzo di Fiorello, nel corso della conversazione telefonica, fui molto fredda e rispondevo a monosillabi. La telefonata durò quasi dieci minuti ed io ascoltavo con scarsa partecipazione emotiva. Fortuna che Nanni mi disse qualcosa di molto tecnico che mi fece capire che era veramente lui al telefono. "

Qual’è la sua ultima pellicola che ha interpretato?

 

"E’ Giorni e nuvole di Silvio Soldini, un film che narra di un uomo, interpretato da Antonio Albanaese che perde il lavoro e sua moglie, laureata in storia dell’arte, va alla ricerca di un lavoro qualsiasi. E’ un film di denuncia sociale che sottolinea come sia difficile ai giorni nostri trovare lavoro dopo essere diventato disoccupato."

 

E’ stata diretta dai più grandi registi. Con chi lavorerebbe?

 

"Crialese, Bellocchio, Bertolucci, Almodovar".

 

A teatro ha riscosso un lusinghiero successo con Due partite, scritta e diretta da Cristina Comencini

 

"Ho recitato con gli Artisti Riuniti, una compagnia nata per mettere su dei piccoli spettacoli per noi attori di cinema e programmati solo a Roma. Hanno aderito a questa iniziativa Isabella Ferrari, Marina Massironi e Valeria Milillo. Confesso che la vita di attrice di teatro non faceva per me. Tutte quelle lunghe attese, dover cambiare alberghi mi avrebbero gettato in una depressione profonda. Il teatro genera ansia e stress ed anche se non mancano i momenti tosti ti da una grande energia. "

 

 

Articolo pubblicato su Epolis"- 13-10-2007

 

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