L'arte di cavarsela

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Alicia Silverstone, Blair Underwood, Rita Wilson, Jarlath Conroy, Sophie Curtis, Ann Dowd, Marcus Carl Franklin, Ann Harada, Dan Leonard, Maya Ri Sanchez

 

A volte basta una faccia per salvare un film. Cosa sarebbe stato Il favoloso mondo di Amelie senza il viso dolce e rassicurante di Audrey Tautou ed I pugni in tasca senza quello sardonico e smaliziato di Lou Castel? E che dire di Lars e una ragazza tutta sua senza quello ingenuo e stralunato di Ryan Gosling e di Adam senza quello disarmante e smarrito di Hugh Dancy?

A questo elenco infinito di film va aggiunto L'arte di cavarsela che regge solo per il faccino pulito, simpatico e convincente del giovane Freddie Highmore che interpreta George, adolescente newyorkese, ribelle, solitario ed introverso, in procinto di diplomarsi, talmente ossessionato dall’idea della morte e da tutto ciò che é caduco, che, ritenendola un’inutile occupazione, decide di non studiare e di trascorre le ore a scuola a scarabocchiare. Artista geniale (in erba), dopo l’incontro con  la tenera Sally (Emma Roberts), sua compagna di banco, sul finale, abbraccia la vita, convinto che, anche per lui, potrà esserci un futuro migliore. 

Il regista Gavin Wiesen, all’esordio, sembra fare il verso a Un giorno questo dolore ti sarà utile di Roberto Faenza ed impagina una pallida storia di formazione che mette al centro della narrazione l’ennesimo ragazzino sensibile, inquieto ed insofferente che non ha un supporto familiare alle spalle (la madre è una sciroccata che sposa in seconde nozze un fallito che la manda sul lastrico), né un gruppo di amici che lo sostengono e gli trasmettono vitalità, fiducia e speranza. La pellicola (non irresistibile) è penalizzata da un titolo (fedele all’originale) fuorviante e non è sorretta, come i teen-movie impongono, da una colonna sonora memorabile.

 

Recensione pubblicata su Segno Cinema – N. 177 - 2012

 

 

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