Anonimo veneziano
di
Enrico (Tony Musante) suonatore d'oboe
alla Fenice di Venezia è affetto da un male incurabile. Gli restano cinque mesi
di vita e chiede a Valeria (Floinda Bolkan) la sua ex moglie di raggiungerlo a
Venezia. Inizialmente Valeria crede che Enrico stia mentendo ma poi si piega
all’evidenza ed amorevolmente si prende cura di lui. I due si amano nuovamente
ed Enrico, prima di morire dirige la sua orchestra nel concerto per oboe.
Film strappalacrime che sbancò al
botteghino grazie alle suadenti musiche del Settecento di Benedetto e Alessandro
Marcello (arrangiate da Giorgio Gaslini) ed alla struggente musica originale
composta da Stelvio Cipriani.
Pur impaginando un melò sentimentale
il regista, al suo esordio, non lesina di mostrarci l'inesorabile declino del
protagonista e lo filma quando assume la terapia e mentre si poggia,
costantemente, la mano sulla nuca, quasi per oggettivare il male che lo
affligge. Nel corso del film Enrico prova a seppellire il proprio dolore ma a
Valeria confessa: “Il brutto sarebbe
perdere la personalità e finire così a poco a poco. Sai, queste cose possono
fare brutti scherzi, dipende dove vanno a sbattere. Bella roba. Quello che mi
spaventa non è tanto il dolore fisico (si, certo il dolore fisico ti fa paura)
ma puoi prendere un calmante, farti un'iniezione…Gran brutto male! E la gente
non ne parla mai, strano, come se non esistesse. Bisognerebbe sapersi
rassegnarsi. Non credo che accetterò di spegnermi così come una candela senza
far niente. A me è sempre mancato qualcosa per essere un vero uomo, anche in
questa circostanza…”
Il regista alterna scene dal
contenuto drammatico a dei flashback con i due protagonisti sorridenti e felici.
Venezia, città plumbea ed agonizzante, fa da cornice all’intera vicenda, come
sottolinea lo stesso Enrico: “Io non
potrei morire, non potrei aspettare di morire in un'altra città, non perché sia
nato o sia semplicemente sempre cresciuto qui, nella città più bella del mondo
ma perché è in agonia e mi dà questo senso di morte insieme.” Enrico accetta
il suo male stoicamente ma, nel corso del film, si rivolge a Valeria e le dice:
“Certo che ho paura! Ho paura quando
m'addormento perché potrei morire nel sonno, ho paura quando incontro una
persona perché penso sempre: "Perché a me e non a lui". Ho paura perché quando
suono potrei restare lì, con questo (un oboe) tra le mani, questo che è stato
tutta la mia vita. Perché non dovrei aver paura?”
David di Donatello