"Il Venerdì " di Repubblica 6-9-2002
"Addio lettino: meglio un film dell'analista"
di Carlotta Mismetti Capua
Si chiama "cinetherapy", arriva dagli USA e
per ogni disturbo propone una pellicola su misura. E che fine ha fatto il
dottore? Ecco i segreti della rivoluzione che da Firenze a Roma sbarca anche in
Italia. Ha raccontato, per una vita, storie di pazienti e terapisti,
Woody Allen per tutti. Ora però, il cinema gioca in prima persona; dalla
poltroncina rossa al lettino dell'analista. Il fenomeno si chiama
cinematherapy e arriva, manco a dirlo, dall'America. Affittati questo
film e chiamami domani mattina, scherza ma mica tanto il titolo di un
manuale di successo degli States. Dove il professore John W. Hesley spiega come
un buon film sia meglio di una dose di Prozac. E se somministrato bene funzioni
come una seduta di terapia. Una tecnica che secondo una ricerca del New York
Times è adottata dal 90% degli psicologi durante la terapia. Alla Sapienza di
Roma dove lo psichiatra Vincenzo Mastronardi sta preparando un prontuario
testando i film sugli allievi e, all' Istituto di Neuroscienze di Firenze, dove
Ignazio Senatore, nonostante abbia pubblicato diversi libri sui rapporti tra cinema e psicoanalisi, è scettico. "Lo psicoanalista cura con una storia diversa da quella che si racconta il paziente. Ma è la relazione ad essere terapeutica: altrimenti basterebbe andare al cinema per guarire. Il cinema, che Cesare Musatti diceva parlare all'inconscio, utilizza meccanismi simili al sogno. La sala buia favorisce l'abbandono e la regressione." "La cinema therapy funziona nelle terapie brevi, spiega Mastronardi. Un film ci fa ridere, piangere, sentire allegri o tristi, e in terapia può essere usato come chiave emotiva." Con la sua equipe Mastronardi sta scrivendo un dizionario di film: "Il thriller è preferito da chi teme la piattezza della propria vita. L'avventura è per chi ama mettersi alla prova". Funzionerà?