White Oleander

di Peter Kosminsky con Michelle Pfeiffer, Alison Lohman, Renée Zellweger, Robin Wright Penn, Cole Hauser, Svetlana Efremova, Patrick Fugit - USA – 2002 – Durata 110’

 

Ingrid Magnussen (Michelle Pfeiffer), pittrice originale e di grido, scopre che Perry, il suo amante la tradisce e lo uccide con gli infusi dell'oleandro, un fiore bianco e velenoso. Smascherata, Ingrid è condannata a scontare trentacinque anni in un carcere di massima sicurezza. Astrid (Alison Lohman), la figlia adolescente, è affidata a Starr Thomas (Robin Wright Penn), un ex hippy che vive in una fattoria con la figlia Caroline, un’adolescente ribelle, due marmocchi e Ray (Cole Hauser), il giovane compagno. Astrid s’inserisce perfettamente nel nuovo gruppo familiare, abbraccia la loro fede religiosa ma Ray le inizia a gironzolare troppo insistentemente intorno e Starr, corrosa dalla gelosa, convinta che Astrid gli fa gli occhi dolci, va su tutte le furie e le spara, ferendola di striscio. Gli assistenti sociali affidano la ragazza a Claire (Renée Zellweger), una donna, frustrata e depressa che le si aggrappa disperatamente addosso e che si suicida quando il marito la pianta in asso. Dopo essere stata data in affidamento a Rene (Svetlana Efremova), una russa che vive in una roulotte, pensando solo ad accumulare soldi, Astrid va a vivere a New York con Paul (Patrick Fugit), un ragazzo che aveva conosciuto in un centro sociale di assistenza.

All’esordio dietro la macchina da presa, il regista dirige una pellicola un po’ laccata  lastricata eccessivamente di dolore e di sofferenza che s’ispira (molto) liberamente al romanzo di James Fitch. Alle madri nevrotiche, instabili e disturbate a cui la sfortunata Astrid è data in affidamento fa da contrappunto l’algida elegante e raffinata Ingrid, una donna enigmatica e granitica, incapace di provare il minimo pentimento per aver ucciso l’amante e per aver condannato la figlia a cavarsela per tutta la vita da sola senza il suo sostegno. Per tutto il film non si mostra mai tenera con lei, continua a bacchettarla ed a criticare aspramente le madri alla quale è stata affidata. Astrid, smarrita e confusa, cerca di tenerle testa e la provoca mostrandosi con un look da punk, consapevole che la sua scelta estetica l’avrebbe mandata su tutte le furie. In questo deserto affettivo, l’unica persona che si prende cura di Astrid è Paul Trout, un ragazzo conosciuto nel centro di assistenza sociale, abbandonato dal padre e figlio di una madre tossicomane.

 

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