Suspect zero

di Elias Merhige con Ben Kingsley, Aaron Eckhart, Carrie-Anne Moss - USA – 2004 - Durata 95’

 

Harold Speck, un commesso viaggiatore è accoltellato mortalmente nella sua auto, Barney Fulcher, uno stimato professore del Colorado è ritrovato cadavere nel bagagliaio di un auto abbandonata ed Raymond Starkey, un uomo di mezza età è giustiziato, dopo aver violentato una donna. Sui corpi di tutte le vittime viene trovato un marchio; un cerchio barrato da una linea trasversale. Incaricato delle indagini è l’agente dell’FBI Thomas Mackelway (Aaron Eckhart) coadiuvato dalla sua collega Fran Kulok (Carrie-Anne Moss). Nel corso delle indagini Mackelway scopre che il serial killer è O’Ryan (Ben Kingsley) ex agente dell’FBI, trasferito nella sperduta Albuquerque dopo un arresto poco ortodosso, dotato di poteri particolari ed addestrato alla “remote viewing”, una tecnica che gli permetteva di sintonizzarsi in tempo reale con il serial killer e di visualizzare a distanza dei luoghi dove erano avvenuti i delitti. Il finale ruvido, amaro e disperato, toglie il respiro.

A rendere magnetica la pellicola i flashback in bianco e nero sgranati, come fossero dei quadri dipinti dai divisionisti, gli incubi notturni che sommergono Mackelway, i cupi, intensi e disperati  disegni fatti con il carboncino da O’Ryan ed una serie di cadaveri senza più palpebre. I dialoghi sono serrati e la misteriosa figura di O’Ryan aleggia, come un fantasma, per tutta la prima parte del film. Le uniche tracce della sua esistenza sono i messaggi che invia a Mackelway. Il primo è “Non state pescando tanto in profondità da trovarmi” ed il successivo: “Sii clemente con te stesso. Hai bisogno di tempo per guarire.”  Il titolo del film fa riferimento alla teoria “suspect zero” ideata da O’Ryan; invece di replicare in maniera seriale e prevedibile le sue vittime un serial killer può colpire secondo uno schema non pre-ordinato ed agire in maniera casuale, senza lasciare indizi.  Ben Kingsley da Oscar.

 

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