L'isola del tesoro
In
virtù della mia “competenza” cinematografica, mi è stato spesso chiesto di
suggerire dei film che potessero fungere da "cura" per un ipotetico
spettatore.
"Ricordo
certi pomeriggi invernali a Milano, quando il "mal di vivere" (la sua
insensatezza) sembrava materializzarsi nella nebbia che ti inghiottiva e che
immergeva lo sguardo in un'ovattata luminosità lattigginosa. Si andava al
cinema, allora. A vedere qualsiasi cosa, purché fosse un film. Rannicchiati in
terza fila, in posizione fetale, ci lasciavamo invadere dai simulacri di mondo
che emanavano dallo schermo. 90-120 minuti di terapia intensiva: all'uscita
stavamo sempre meglio e ci pareva perfino che il mondo (quasi sempre ancora
avvolto nella nebbia) fosse migliore (e avesse più senso) di quanto non
pensassimo prima di comprare il biglietto e di immergerci nel buio luminoso
della sala."
Questo
volume prosegue idealmente il percorso che intrapresi nel 1995 con il volume
"L'analista in celluloide. La figura dello psicoterapeuta al cinema"
(Franco Angeli).
Ricco
di citazioni ed impreziosito da numerosissime e fedeli trascrizioni di brani
cinematografici, il volume é suddiviso in due sezioni.
La
seconda parte del volume, rivolta più specificatamente agli "addetti ai
lavori", approfondisce alcuni aspetti della prassi psicoterapeutica, fino
ad ipotizzare che, in ragione del nostro destino, ogni psicoterapeuta é affetto
dalla "Sindrome
di Sheherazade" una
“affezione" che, come l’eroina del racconto, colpisce chi è
"condannato" a narrare storie.