Quinto potere (Network)
di Sidney Lumet con Peter
Finch, William Holden, Faye Dunaway, Robert Duvall, Beatrice Straight - USA –
1976 – Durata
Gli indici di gradimento del programma condotto da Howard Beale (Peter Finch, noto commentatore televisivo, stanno colando a picco e Frank Hackett (Robert Duvall) e Diana Christensen (Faye Dunaway), responsabili del palinsesto del network decidono di non mandarlo più in onda. Abbattuto e depresso, nel corso del notiziario della sera, Howard annuncia di volersi suicidare in diretta. Gli ascolti vanno alle stelle e Beale, vestiti i panni del tele-predicatore, ogni sera incita i telespettatori a ribellarsi alle ingiustizie ed alle avversità della vita. Ma il suo equilibrio mentale vacilla sempre più ed, invano, Max Schumacher (William Holden) uno dei responsabili del network, prova a fermare l’ignobile carrozzone. Dopo l’euforia iniziale gli ascolti calano sempre più e, per riconquistare qualche punto nello share, i responsabili del network decidono di far uccidere Beale in diretta, nel corso della trasmissione, da un commando di presunti terroristi.
Lumet non corrode, graffia
solo in superficie ma dirige egualmente una delle pellicole più dure e senza
speranza che siano state mai girate sulla televisione, ridotta ad un’infernale
macchina commerciale, attenta solo ai profitti, agli indici di ascolti ed alla
raccolta della pubblicità. In maniera un po’ scolastica il regista divide i
buoni da un lato (Beale e Max) ed i cattivi dall’altra (Frank e Diana) e ci
mostra Beale come una persona che, nelle prime battute, è in preda allo
sconforto ed alla disperazione perché il su programma verrà eliminato e, dopo la
sua macabra trovata, come un istrione invasato, in preda ad una sorta di delirio
megalomanico. Al suo amico Max
che non vuole più mandarlo più in
onda perché ha compreso che la follia lo sta divorando, dirà:
“Non è un episodio d pazzia, questo è un
purificante momento di chiarezza. Sono ispirato, Max, sono imbevuto di
un’ispirazione speciale. Non è affatto un sentimento religioso; è una violenta
esplosione di grande energia elettrica. Mi sento vivido e fiammeggiante come se,
ad un tratto, fossi stato immerso in un grande campo elettromagnetico, Mi sento
connesso a tutti gli esseri viventi, ai fiori, alle bestie a tutte le creature
del mondo ed anche a qualche grande, invisibile, forza vivente, ciò che credo
gli Indù chiamano brahma. Non è un esaurimento, non mi sono mai sentito più a
posto in vita mia. E’ un’ esilarante, magnifica sensazione. E’ l’esaltato fluire
dello spazio a quattro dimensioni, salvo che non ha né spazio, né tempo ed è
così meraviglioso. Io mi sento sulla soglia di una grande estrema verità. E voi
non oserete non mandarmi in onda né adesso, né in un futuro senza spazio, né
tempo”. Lumet condisce la vicenda con un’improbabile storia
d’amore tra Max e Diana, lascia sullo sfondo il rapporto ormai logorato tra Max
e sua moglie Louise (Beatrice Straight) e ci mostra Arthur Jensen (Bill Burrows)
il cinico proprietario della Rete televisiva che non ci impiega molto a
convincere l’ingenuo e sprovveduto Beale a propagandare il nuovo verbo del
capitalismo avanzato. La
pellicola sbanda e rallenta in più di un’occasione e s’infiamma solo quando
Beale veste i panni del tele-predicatore.
Nove candidature all’Oscar
1976 ne vinse quattro Oscar; miglior attore (Peter Finch, alla sua ultima
interpretazione) miglior attrice (Faye Dunaway) Miglior attrice non protagonista
(Beatrice Straight) miglior sceneggiatura originale Premio David