Non è giusto di Antonietta De Lillo - Italia - 2002

 

Sofia (Maddalena Polistina) e Valerio (Daniel Prodromo) due giovanissimi ragazzini, (rispettivamente di undici e di dodici anni) si incontrano, per caso, in una Napoli afosa, assolata e semideserta e stringono, immediatamente, una sincera amicizia. Nel confidarsi, scoprono di essere entrambi figli di genitori quarantenni, separati. Giacomo, il papà di Sofia è un avvocato che non sa mettere ordine nella propria vita sentimentale; in perenne rotta di collisione con la sua ex moglie, ha avuto un figlio da un'altra compagna ed ha, attualmente,  una relazione sentimentale con una donna che non ama e dalla quale aspetta un figlio che non vuole riconoscere. Matteo, il papà di Valerio è, invece, sempre in bolletta ed incapace di crescere e di assumersi le proprie responsabilità. Simpatico, ma attratto fatalmente dalle bevande alcoliche, ha un pessimo rapporto con la sua ex moglie ed ha una disinvolta relazione amorosa con una collega di lavoro. Sofia e Valerio trascorreranno le vacanze insieme, permettendo, così, ai rispettivi genitori di fare i conti con il difficile mestiere dei genitore. “I bambini ci guardano” era il titolo di un vecchio film, girato nel 1943, da Vittorio De Sica e narrava la storia di Pricò, un bambino di sette anni, costretto ad assistere ai continui litigi dei propri genitori. Circa quarant’anni dopo Antonietta De Lillo, giovane regista napoletana, ripropone un’altra toccante immersione nel mondo dei bambini. Protagonisti della vicenda sono Sofia e Valerio, due ragazzini provati precocemente dalla separazione dei propri genitori. Che la regista faccia il tifo per loro, appare evidente sin dalle prime battute e con il suo sguardo, attento e partecipe, li in-segue per tutto il film, per poter meglio documentare la loro confusione e smarrimento. Giacomo e Matteo, i loro giovani papà, incapaci di dipanare i più elementari intrecci amorosi, non sono altro che degli inguaribili bugiardi e degli eterni pasticcioni; le loro ex mogli, invece,  emotivamente assenti, sono, perennemente sull’orlo di una crisi di nervi. Da queste premesse narrative si potrebbe pensare ad un film schierato e di parte, con velleità di stampo sociologico, moralistico o di denuncia sociale. Niente di tutto questo. La regista, con garbo e con tocco leggero, vuole proporci uno spazio di riflessione sugli inevitabili scompensi emotivi e relazionali che si vengono a creare nelle famiglie di genitori separati.  In tutto il film Sofia e Valerio braccano, costantemente, con i loro sguardi i loro genitori; li ascoltano, li respirano, si nutrono dei loro gesti, delle loro risposte, delle loro pietose bugie, dei loro scatti emotivi e dei loro interminabili ed incomprensibili silenzi. Ed anche se (spesso) deprivati di uno spazio di contenimento affettivo, i piccoli protagonisti non giudicano, non criticano, non attaccano ma, all’opposto, sostengono, comprendono e si mostrano indulgenti e protettivi nei confronti dei loro “impresentabili” genitori. De Lillo è indulgente (forse fin troppo) nei confronti del mondo degli adulti e sembra volerci ricordare come il mestiere di genitore, già di per sé ricco di insidie e di pericoli, diventi maledettamente più difficile quando una coppia viene scompaginata. La regista sceglie un tema difficile, non banale e ci mette dentro l’anima ed il cuore. Per rendere ancora più digeribile la narrazione, la regista, qua e là, dopo l’ennesimo litigio tra i gli ex genitori, edulcora ed alleggerisce la trama, inserendo nel testo, dei tocchi dal sapore fiabesco e fantastico. De Lillo non condanna, non giudica, non fornisce risposte ma sembra voglia rimandare lo spettatore allo svolgimento dei temi proposti. Lo stesso titolo del film sembra voler essere un grido d’allarme affinchè gli adulti non sottovalutino la difficile condizione nella quale certi bambini sono costretti a crescere e ad affrontare gli urti della vita.

 

Recensione pubblicata sulla Rivista "Friendly" Numero 7- Luglio 2005

 

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