LE MIGLIORI COSE DEL MONDO

 

Non lo possiamo considerare un vero e proprio genere in sé ma i “film di formazione” da sempre sono materia privilegiata del cinema. Negli anni registi e sceneggiatori che hanno affrontato questo tema hanno provato a mostrare il lato oscuro ed i tormenti che affliggono i giovani adolescenti. Con discreto successo si cimenta in questo ardito compito Lais Bodanzky, regista brasiliana che, con leggerezza e semplicità, narra le vicende di alcuni giovani studenti di San Paolo del Brasile; Hermano, quindicenne sensibile e romantico, con la passione per la chitarra; Pedro, poeta ventenne, infelice perché abbandonato dalla fidanzata; Carol, una ragazzina arguta, anticonformista e spigliata. Sullo sfondo un paio di ridicoli bulletti omofobi, un’impicciona stupida e vuota che pubblica sul suo blog bassi pettegolezzi, un insegnante di fisica dal cuore d’oro ed il papà di Hermano e Padro che, scoperta la propria omosessualità, abbandona moglie e figli e va a convivere con il suo compagno. I giovani protagonisti hanno la faccia giusta, i dialoghi scivolano liscio come l’olio e non mancano i fulminanti botta e risposta. Su tutti l’irresistibile scambio tra Hermano: “Mio padre è gay” e Carol: “Mio padre è antropologo.” L’unico neo è la scelta della canzone Something dei Beatles che il tenero Hermano canticchia più volte durante il film. Un brano che non sembra funzionale alla narrazione ma scelto soltanto per strizzare l’occhio al mercato a stelle e strisce.   

 

 

Recensione pubblicata su Segno Cinema N 183 sett-2013

 

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