Intervista a Vincenzo Marra

 

A cinque anni dalla sua morte l’Irpinia ricorda Camillo Marino, grande studioso del cinema ed inventore e animatore con Pierpaolo Pasolini e Giacomo D’Onofrio del Festival Laceno d’Oro. Il premio Camillo Marino è organizzato dal Circolo di Cultura Cinematografica ImmaginAzione, presieduto da Antonio Spagnolo. Nell’ambito della manifestazione verrà presentata la Rivista “Quaderni di Cinemasud”, diretta da Paolo Speranza e verrà premiato l’ultimo film di Vincenzo Marra “Vento di terra”, presentato all’ultimo Festival del Cinema di Venezia.

Marra è molto contento del riconoscimento ottenuto, anche perché, come sottolinea, è sempre un piacere essere premiato nella propria regione d’origine.

Nella sua breve carriera Marra ha già collezionato numerosi premi. Con il suo primo lungometraggio del 2001, “Tornando a casa” vinse ben diciotto premi.

“Quelli che ricordo con maggior soddisfazione furono quelli vinti nella Settimana della Critica di Venezia la Grolla d’oro” e quelli di Buenos Aires, Valencia e Nancy. Con il mio documentario “Estranei alla massa”, girato nel 2001, sugli ultras del tifo napoletano, ne collezionai un altro paio e tra questi il Premio Pasolini ed una menzione speciale al Torino Film Festival, allora diretto da Steve Della Casa. Questo mio ultimo ha già vinto tre premi a Venezia, il Pasinetti e il Fipresci.”

Marra elenca tutti i riconoscimenti ottenuti senza alcuna enfasi, ne vanagloria. Cineasta asciutto ed essenziale, come altri cineasti di questa nuova ondata del cinema italiano, non ama adattare romanzi scritti da altri autori ma preferisce mettere sullo schermo storie che sono nate dalla sua fulgida fantasia. Marra, non accetta la definizione di regista “pasoliniano” e prontamente ribatte.

”Rivendico la possibilità di fare qualcosa di mio, senza regole precise. Sarei uno stupido se volessi scimmiottare dei grandi maestri come Pasolini. Ho un mio stile personale ed una mia visione del modo di fare cinema. La verità è che io giro molto d’istinto, con la pancia e non mi vado a studiare la filmografia di un autore per poi copiarlo. Fino a quando ho delle storie mie e me le lasciano fare, sono contento così ma se dovesse capitarmi tra le mani un bel libro, non escludo che potrei adattarlo per il grande schermo. Il bello di questo mestiere è che mi sveglio la mattina e partorisco delle idee Questo processo creativo mi ha fatto partorire fino ad oggi delle storie ambientate nella mia regione e mi ha spinto a filmare i pescatori di Pozzuoli o il ragazzo napoletano del mio ultimo film ma ho già girato un documentario in Sicilia che si chiama “Paesaggio al Sud” e  tra un paio di giorni monterà girato un documentario sulla Palestina. Il bello è che queste storie scritte in dialetto napoletano ed ambientate dalle nostre parti sono state viste in America Latina, in Corea, in Canada e ad Seul. Non sarà che le storie che narro sono universali?.”

 

L'Articolo- Redazione napoletana del "L'Unità" - 30-9-2004

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