Ma quando arrivano le ragazze di Pupi Avati – Italia -2005

 

 

Si conosce una sola frase di Rembrandt: “Io faccio ritratti”. Giorgio Morandi, pittore bolognese passò tutta la sua vita, invece, a dipingere bottiglie. Di Pupi Avati, prolifico regista conterraneo di Morandi, senza ombra di smentita, si potrebbe affermare una frase del tipo: “In tutti i suoi film ha filmato Bologna ed il jazz.” Il suo ultimo film “Ma quando arrivano le ragazze?” è ambientato, infatti, a  nella sua città natale e narra di due giovani musicisti Nick (Claudio Santamaria) e Gianca (Paolo Briguglia) che s’incontrano sul treno che li porta ad Umbria Jazz. Il primo, suona la tromba ed è un proletario, figlio di un gestore di una pompa di benzina; il secondo è un sassofonista, figlio di un ricco consulente finanziario e musicista fallito (Johnny Dorelli).

I due ragazzi metteranno su un complessino jazz (lo Joy Spring Quintet) composto da altri tre elementi; un cacciatore di comete (timido ed impacciato) e due fratelli (sgangherati e sciroccati). Nel corso del tempo solo uno dei due giovani protagonisti sfonderà nella musica, fino a divenire una star, invidiata da tutti. Come in tutti i film di Avati, accanto alle storie d’amicizia si intrecciano e si mescolano quella amorosa e diverrà centrale la presenza della giovane e delicata Francesca (Vittoria Puccini).

Per Cartier-Bresson l’evento fotografico è un istante, una frazione di secondo da inseguire come fosse un animale selvatico. Avati ci propone, invece, la sua (solita) scrittura filmica che è sempre troppo trattenuta e disciplinata e non è mai libera di vagabondare.

Il film scorre fluido e tranquillo ma non regala allo spettatore nessuno scatto visivo, nè alcuna accelerazione improvvisa, al punto che il film (godibile nel complesso) ti scivola addosso, senza lasciarti traccia. Avati punta su giovani talenti e per attirare spettatori in sala si gioca (furbescamente) la carta di Vittoria Puccini, reduce dai successi televisivi di “Elisa di Rivombrosa”. L’inossidabile Ritz Ortolani è l’autore della colonna sonora. Per gli amanti del jazz (il vero protagonista di questo film) da non perdere le citazioni a Clifford Brown ed a Chet Atkins.

 

 

Recensione pubblicata su L’Articolo – Redazione napoletana de L’Unità – 16-2-2005

 

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