Légami! (¡Atame!)

di Pedro Almodóvar con Victoria Abril, Antonio Banderas, Francisco Rabal, Loles Lèon, Maria Barranco - Spagna -  1989 – Durata 101’ – V.M 14

 

Ricky (Antonio Banderas) ama segretamente Marina (Victoria Abril) una nota attrice e non appena è dimesso dal manicomio dove è stato ricoverato alcuni anni, piomba sul set dove lei sta girando le ultime scene di un film horror diretto da Massimo (Francisco Rabal) un regista settantenne  inchiodato su una sedia a rotelle e segretamente innamorato di lei. Ricky prova a far breccia nel cuore di Marina che, fredda e decisa, lo liquida su due piedi. Testardo e cocciuto Ricky la segue ed entra  a forza nel suo appartamento. Marina prova a reagire ma lui mentre le confessa lo smisurato amore che prova per lei, l’imbavaglia, la lega al letto e l’ammanetta. Marina gli urla in faccia il proprio disprezzo poi, finge di stare al suo gioco e, divenuta docile e mansueta, l’implora di accompagnarla da Berta (Maria Barranco) una sua amica dentista, con la scusa di dover per placare un incoercibile dolore ai denti. Marina prova, invano, a destare l’attenzione della dottoressa che le prescrive un farmaco che si può reperire solo al mercato nero. Per procurarsi quel sonnifero Ricky deruba una spacciatrice ma è pestato dai suoi complici. Nel vederlo ridotto uno straccio, Marina s’intenerisce, lo medica e fa l’amore con lui. Lola (Loles Lèon) la sorella di Marina, dopo aver provato, invano, a mettersi in contatto con lei, in maniera rocambolesca riesce a liberarla dal suo carceriere ma Marina e perdutamente innamorata di Ricky e decide di vivere al suo fianco.  

Commedia esile ed acerba diretta con la tipica verve dall’irriverente regista spagnolo. L’idea che una donna s’innamori del suo sequestratore non è nuova al cinema ma Almodovar più che scavare nei meandri dei due protagonisti si limita a confezionare un film che galleggia tra la commedia ed il melodramma. L’avvio è però entusiasmante e, dopo una piccola incursione nel cinema nel cinema, Ricky è descritto come un venticinquenne dal cuore tenero, solo al mondo, e con una dolorosa infanzia alle spalle; a tre anni era stato spedito in un orfanotrofio e dopo qualche anno trascorso in un riformatorio era stato ricoverato in una clinica psichiatrica. Non appena mette piede a casa di Marina, dopo essersi scusato per averla dovuto colpire al volto, prova a rassicurarla e le confida: “Ho dovuto rapirti perché tu mi possa conoscere a fondo sono sicuro che allora t’innamorerai di me come io lo sono di te. Ho ventitrè anni e cinquantamila pesetas. Cercherò di essere un buon marito per te ed un buon marito per i tuoi figli” Marina comprende di trovarsi di fronte ad uno squilibrato ma, tenace e testarda, prova a tenergli testa. Infastidito dal suo atteggiamento ostile e riottoso, Ricky, con tono deciso, le dice: “Quanto tempo ci metterai per innamorarti di me? Di quanto tempo hai bisogno per essere sicura che nessuno ti amerà come me?” E sono proprio queste disarmanti confessioni amorose che sciolgono, nel tempo, le resistenze di Marina e la spingeranno tra le braccia del suo sequestratore. Sin dalle prime battute il regista si schiera dalla parte del pittoresco protagonista che, nonostante la sua scelta patologica, sembra più vivo e pulsante della pallida e sbiadita Marina, una donna sola e con il cuore appassito. Senza troppa originalità Almodovar la mostra mentre urla, strepita e si ribella al suo carceriere ma, dietro la sua formale opposizione, appare evidente che è, irresistibilmente, attratta da chi l’ha sequestrata in casa, picchiata e maltrattata. Bastano, infatti, alcune zuccherose dichiarazioni d’amore del suo sequestratore ed un paio di languidi sorrisi che cederà e finirà per cadere tra le sue braccia. Pecche di sceneggiature a parte, la pellicola deve la sua forza alle variopinte scenografie di Esther Garcia, ai festosi costumi di Josè Maria de Cossio e Peris Hermanos ed alle divertenti musiche di Ennio Morriconi che fanno il verso alle colonne sonore dei classici del giallo.

 

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