La paura mangia l’anima

 

“Senti qua; da piccolo credevi in Babbo Natale e da grande in Dio” (da Il posto delle fragole)

 

“Poi ho imparato che in un film non ha senso raccontare ad ogni costo una storia. (…) Le storie danno alla gente la sensazione che esista un senso e un ordine dietro l’incredibile confusione di tutti i fenomeni che ci circondano. La gente sembra desiderare quest’ordine più di qualunque altra cosa (…) Le storie sono una struttura artificiale che aiuta gli uomini a vincere le loro maggiori paure: la paura che non ci sia Dio e che essi non siano altro che minuscoli elementi fluttuanti dotati di percezione, perduti in un universo che trascende ogni loro immaginazione. Le storie, creando contesti, rendono la vita sopportabile e sono di aiuto contro questa paura. Per questo motivo i bambini vogliono ascoltare delle storie prima di addormentarsi.  (Wim Wenders)

            

“Sai cosa rappresenta la croce? Uno strumento di supplizio, ci giustiziavano i criminali. E quindi pregare la croce è come pregare una sedia elettrica o una ghigliottina. La cosa strana è quando vai in chiesa ti fanno bere il sangue e mangiare il corpo di Cristo. Ce l’abbiamo un’anima? Quando muori non spiccano mica il volo i piccioni dal tuo cadavere.”  (Da Dahmer)

 

 “Tu credi in un Dio vendicatore: disingannati, Therese. Questo Dio che ti inventi è soltanto una chimera la cui stupida esistenza ha luogo solo nella mente dei folli. E’ un fantasma inventato dalla cattiverai degli uomini, colo solo scopo di imbrogliarli odi armarli gli uni contro gli altri.” (da La Via lattea)

 

Messi da parte La Bibbia, I dieci comandamenti, La tunica e gli altri film dal taglio storico, ispirati alla Bibbia o ad alcuni momenti della vita di Gesù, la storia del cinema è ricca di pellicole noiose e di scarso valore artistico come Marcellino pane e vino, Bernadette, Fratello sole sorella luna che ruotano intorno a delle liquorose biografie di santi, apostoli, martiri della religione e di persone comuni illuminate dall’incontro con il Signore. Generalmente questi film, osannati dalla Chiesa hanno goduto di lunga vita grazie ai numerosi passaggi televisivi ed alle reiterate proiezioni nelle sale parrocchiali. Ben altro destino sono state riservate a Viridiana, Il Vangelo secondo Matteo, Je vous salue Marie, L’ultima tentazione di Cristo ed a tutte quelle pellicole giudicate blasfeme e scandalose, che, sin dalle loro uscite sullo schermo, sono state osteggiate dal clero e da una certa parte della critica, orribilmente mutilate dalla censura, escluse da gran parte dei circuiti tradizionali della distribuzione e vietate in TV. In questi ultimi anni Il prete di Antonia Bird (1994), Giovanna d’Arco di Luc Besson (1999) e Magdalene di Peter Mullan (2002) hanno mostrato, con coraggio, i lati oscuri della religione e sottolineato come la Chiesa, in nome di Dio e della fede, ha soggiogato le coscienze facendo leva su paure ancestrali ed atavici sensi di colpa. Requiem di Hans Christian Schmid (2006) e La nina santa di Lucrecia Martel (2004), due pellicole passate incredibilmente sotto silenzio, meritano un’attenzione particolare per la straordinaria forza visiva.

In Requiem la ventunenne Michaela Klinger, molto devota a Santa Caterina, dopo aver vissuto in un piccolo paesino del sud della Germania con il padre Karl e la madre Marianne, ferventi cattolici, s’iscrive all'università di Tübingen dove incontra Hanna e Stefan con il quale allaccia una tormentata relazione. Irrequieta e smarrita, dimagrisce a vista d’occhio ed è sommersa dalle voci che l’accusano di essere una lurida sgualdrina, le impongono di non toccare più il rosario e di non avvicinarsi più ad un crocifisso. Stefan allerta i genitori di Michaela che si rivolgono all’'anziano parroco del paese che suggerisce di farla visitare da uno psichiatra. Gerhard Landauer un giovane prete della parrocchia non è dello stesso avviso e convince i genitori che la ragazza è impossessata dal demonio e che deve essere sottoposta ad un esorcismo. Michaela prova a rassicurare i familiari e comunica loro che ha appena superato un esame all’università ma Landauer la costringe, con la forza, a recitare insieme a lui per delle ore delle preghiere. Michaela vive questa sua decisione come una violenta coercizione; piange, urla, si dispera e cerca di sottrarsi alla spietata morsa del sacerdote ma questa sua opposizione è letta come un’ulteriore conferma della presenza dentro di lei del demonio. Invano, Hanna prova a strapparla da quel clima di fanatismo religioso che la circonda; Michaela, sempre più soggiogata da Landauer, si convince che la sua sofferenza è un dono divino e si lascia morire per essere ancora più vicina alla sua amata Santa Caterina.

Pur basandosi su una storia realmente accaduta (nel 1976 a Miltenberg. Anneliese Michel una giovanissima studentessa di ventitrè anni morì di fame a seguito di una prolungata malnutrizione e per i numerosi esorcismi ai quali fu sottoposta) il regista ambienta la vicenda in Baviera e mette in scena la commovente vicenda di Michaela, una ragazza semplice e senza tanti grilli per la testa che va all’università, celando a tutti di essere epilettica. Ma la sua mente è divorata da terrificanti allucinazioni uditive che la spossano e la riducono senza forza ed ai colleghi di corso confida: “Mi impediscono di pregare”, “Non riesco neanche più a toccare la croce”. Avendo intuito che dietro la sua sofferenza si profila lo spettro della schizofrenia, Hanna e Stefan, le sono accanto e cercano di sostenerla ma l’inflessibile e dogmatico Landauer, imponendole di pregare per ore, aggrava ancora di più il suo precario stato mentale. Il regista dosa bene i tempi della narrazione ed affonda i colpi contro il malsano ed insensibile atteggiamento dei genitori della ragazza, accecati dall’idea che Michaela possa essere una prescelta da Dio e la cieca violenza di Laundauer che sottopone la povera protagonista ad un disumano supplizio che la condurrà alla morte.

Ne La niña santa Melena, donna giovane e sensuale, abbandonata da anni dal marito, gestisce l’Hotel Termos, un piccolo albergo termale che ospita per l’occasione un convegno di otorini. Amalia la figlia sedicenne frequenta una parrocchia insieme alla sua inseparabile amica Josefina e durante gli incontri di catechesi, la loro insegnante le sprona a riportare sulla retta via i peccatori. Condizionata da queste affermazioni, Amalia s’imbatte nel discreto e silenzioso dottor Jano, marito e padre di famiglia che mostra nei suoi confronti una malsana attrazione erotica. I due s’incontrano per caso in strada; lei sta ascoltando dei musicisti e lui, alle sue spalle, si struscia contro il suo corpo. Amelia ne rimane profondamente turbata ma, imbevuta delle tante preghiere imparate a memoria, si convince che deve portare a termine la propria missione e per redimere il dottore dai suoi peccati, finisce per cedere alle sue morbose attenzioni. Dopo aver conquistato anche il cuore di Helen, sul finale, Jano è smascherato.

La regista non punta né allo scandalo, né alle situazioni pruriginose e, dopo aver lasciato fuori campo la scena del peccaminoso incontro tra Amalia ed il dottore, con grande equilibrio mescola sacro e profano,  peccato e candore, lecito e proibito e punta il dito contro l’educazione cattolica che finisce per plagiare le acerbe e vulnerabili adolescenti alla disperata ricerca della propria identità.

Due film che toccano le coscienze e che mettono in campo due giovanissime protagoniste, timorate di Dio, indottrinate da preti o da insegnati di catechismo fin troppo integralisti che finiscono per perdersi e smarrirsi. Due film sui guasti di quella subdola e sotterranea violenza religiosa che obnubila le coscienze, che scava sottotraccia nelle anime delle persone più fragili, fino a renderle incapaci di ribellarsi al secolare potere della Chiesa. Due film, come direbbe Reiner Fassbinder, che puntano il dito contro quell’ancestrale e bigotta paura del castigo divino che stordisce i più deboli fino a mangiare la loro anima.

 

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