"Il cinema sul lettino: troppo sesso poca fantasia"

  di

Gabriele Bojano

 

Ciak, si sdrai. E se proprio non riesce a star fermo ed è im...paziente, ciak si giri. Sul lettino dello psicoanalista, pronto a svelare meccanismi psichici inconsci, stavolta finisce un paziente d'eccezione: il cinema. Nell'anno del centenario della settima arte, Ignazio Senatore, psichiatra e psicoterapeuta napoletano, si è preso la briga di passare in rassegna tutte quelle pellicole, quasi un centenario, che negli ultimi anni, dal 1986 al 1993, hanno avuto per protagonista o solo per fugace comparsa  la figura di uno psicoterapeuta. Un lavoro maniacale di ricerca, quasi una sorta di personalissimo "blob" che è diventato un libro, "L'analista in celluloide", edito da Franco Angeli.

Partendo dall'assunto bunueliano che il cinema è lo strumento migliore per esprimere il mondo dei sogni, Senatore preferisce non scagliarsi contro  le inesattezze, le limitazioni, le ridicolizzazioni che quasi sempre caratterizzano i suoi colleghi di celluloide ma, come scrive  nella presentazione Camillo Loriedo, coglie il vero nel falso, apprezzando così quanto di buono i film riescono a dare sull'argomento.

Duttile ed eclettico se rappresentato nelle pellicole di produzione americana, l'analista appare più "ortodosso" e fedele al rispetto di uno stile terapeutico più tradizionale nei film europei e in special modo in quelli italiani. Tre esempi, peraltro di opere letterarie divenute cinematografiche, sono quantomai indicativi dell'enorme divario che esiste tra gli adattamenti realizzati negli States e quelli "meno poetici" di casa nostra.

Ne "Il male oscuro", film del 1989 di Monicelli, lo scenario terapeutico è completamente ribaltato rispetto al romanzo di Giuseppe Berto: il paziente (Giancarlo Giannini), uno sceneggiatore nevrotico, viene presentato come resistente alla cura e trascinato dall'analista per volontà della moglie, mentre nel libro è esattamente il contrario; è la moglie a dissentire sull'utilità della cura, giudicandola dispendiosa.

Inventate, invece, di sana pianta,nel film "Cattiva" di Carlo Lizzani alcune figura che non compaiono nello scritto di Jung dal quale trae spunto la vicenda. Una storia fantastica, la liquida così Senatore, in cui forse per omaggio alle origini partenopee della protagonista (Giuliana De Sio) la paziente giudicata inguaribile e "salvata" dal giovane Jung è napoletana.

Ma dove l'autore ravvisa i peggiori pericoli di una visione altamente "diseducativa" è ne "Il grande cocomero" di Francesca Archibugi, ispirato a un volume del neuropsichiatra infantile Marco Lombardo Radice. Il protagonista, uno straordinario Sergio Castellitto, si comporta come giammai si comporterebbe un vero terapeuta: critica i genitori di Pippi, la ragazzina epilettica che ha in cura, e si propone ai loro occhi e a quelli della paziente come il genitore ideale da imitare, dorme con la ragazza, assume psicofarmaci e si reca addirittura a casa di Pippi  per chiederle i motivi che l'hanno spinta a  saltare una seduta. Un comportamento non proprio professionale che Senatore ascrive alla categoria degli "analisti in celluloide confusivi", quelli che confondono il bisogno di guarire con quello velato e più adulto di avere una relazione sessuale con le loro pazienti.

Il gioco collusivo all'interno della relazione paziente-terapeuta può assumere altre forme e lo psicologo può essere così di volta in volta "Don Giovanni" (In "Strana la vita" di Giuseppe Bertolucci, dice candidamente alla donna che si è portata a letto che "non c'è niente di male di andare a letto con una paziente), "Indeciso" (in "Mood Indigo", pur essendo sessualmente attratto dalla paziente e dalle sue avances, preferisce interrompere il trattamento, determinando così la vendetta della donna che gli uccide la moglie) e "eroici" che si "sacrificano" per il bene del paziente (come in "Caruso Pascowski", dove lo psicoanalista aiuta a tal punto il paziente ad affrontare le sue problematiche omosessuali da accettare che faccia il primo passo con lui).

Alla fine tra i tanti modelli di psicoterapeuti stereotipati sul grande schermo, qual'è quello che resterà maggiormente impresso nella mente degli spettatori? Senatore non ha dubbi: scartate pellicole come "Basic instinct" o "Analisi finale" che sopravviveranno per il sex appeal delle loro protagoniste, o "Betty blue" per la splendida colonna sonora, e ancora "Rain man" per la magistrale interpretazione di Dustin Hofmann, resta indelebile la figura dello psichiatra  protagonista de "Il silenzio degli innocenti", di cui non a caso, è riprodotto un fotogramma sulla copertina del libro. Hanibal the Cannibal, avrebbe però attratto lo spettatore, per la sua personalità sinistra, da criminale, anche se non fosse stato uno psichiatra.

Il Giornale - 8.1.1995

 

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