Intervista a Tonino Guerra
Per il popolo degli spettatori
televisivi Tonino Guerra non è altro che il testimonial di una grande catena di
supermercati italiani. “Giovanni, l’ottimismo è il sale della vita” è diventato
il suo biglietto da visita. Ma per tutti i cinefili del mondo, Tonino Guerra è
lo sceneggiatore di Fellini.
Qual’è la differenza nel lavorare con
Fellini e con Angelopulos?
“Fellini
era legato alla sua infanzia
e non ha mai amato viaggiare. Lui stava girando “La nave va”. Un giorno mi siedo
al fianco di Fellini. Lui arrivava sul set con delle cose già cariche. Ad un
certo punto mi chiese: A cosa stai pensando? Ed io gli risposi: “Sto pensando ad
una sfilata di carabinieri, ad una grande parata. E che poi cadeva prima un
cavallo, e poi il secondo, il terzo…Poi gli dico che sto pensando ai funerali di
Stalin dove c’era gente che non poteva uscire dalle proprie case, tanta era la
gente che sera in strada e poi ai funerali di Rodolfo Valentino ed la fatto che
furono trovate a terra tantissime maniche delle giacche perché, per vedere cosa
succedeva, i più piccoli si aggrappavano ai più grandi. Poi gli ho parlato della
morte della Callas che ha voluto che le sue ceneri fossero gettate davanti alle
isole greche. In realtà quello che volevo comunicargli era che un gran finale
sulle navi sarebbe stato interessante.”
In tanti anni di collaborazione con
Felini, ricorda qualche episodio particolare?
“In “Amarcord” Fellini voleva girare una
rissa in piano sequenza. Quattro ragazzi si azzuffano, litigano, si impolverano
e lui riprende tutto con la macchina da presa. La scena finisce con un uomo che
ha in mano una scopa e la tiene con la sinistra. A Fellini, non gli va giù che
la scopa sia a sinistra ed allora si avvicina agli attori e chiede loro di
ripetere la scena ed invita l’uomo a tenere la scopa alla sua destra. Si rigira
la scena e l’uomo mantiene la scopa
a sinistra. Ed allora Fellini si avvicna a quell’uomo e gli chiede: “Scusi dove
ha la sinistra”” Poi prende cappello e sciarpa e se ne va. Quel piccolo
“incidente” era per lui il segnale che quella scena non so doveva più rifare.
Con Fellini c’era più l’idea del gioco.
La sua collaborazione con Angelopulos?
“Theo ha ereditato l’amore per i grandi
poeti greci e non è Antonioni che non ha amore per la parola. Theo ama sia le
immagini che le parole. Theo è un grande sceneggiatore. Ci sono dei ricami che
ci hanno confortato. Tra me e lui scatta un piccolo gioco a scacchi e quando
sento che una sua idea è “pesante” e che merita un premio, mi adopero per farla
uscire meglio fuori. Il vero problema è come si arriva a dare qualcosa agli
altri, in che modo lo si facilita.
Per l'intervista completa si rimanda al volume "Psycho cult" di Ignazio Senatore (Centro Scientifico Editore-2006)