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di Davide Ferrario con Elisabetta Cavallotti, Stefania Orsola Garello, Flavio Insinna, Angelica Ippolito, Luigi Diberti - Italia – 1999 – Durata 95’

 

Nina (Elisabetta Cavallotti) giovane e spregiudicata attrice di pornofilm ha una relazione con Cristiana (Stefania Orsola Garello) redattrice di una rivista porno. A Nina le diagnosticano un linfoma e lei si sottopone alla chemioterapia e, come se nulla fosse, continua ad interpretare film hard.  Nina guarisce e prima di morire regala a Flavio (Flavio Insinna)  un insegnante malato di tumore, 'innamorato di lei, una tenera notte d’amore.

Il regista s’ispira vagamente alla vicenda di Moana Pozzi e, pur non lesinando qualche scena decisamente hard, vuole mettere in scena il dramma di una donna giovane e bella che, senza grandi strepiti e tormenti, si trova a fare, all’improvviso, i conti con la morte. Il contrasto tra eros e thanatos rimane però sullo sfondo e quando la madre (Angelica Ippolito) cerca di comprendere cosa la spinge a fare ancora la pornostar, lei, banalmente, le risponde: “Si è vero non è solo per i soldi. Mi piace e non è tanto una questione di sesso. Mi piace anche quello ma è un’altra cosa. E’ che io so che quando gli uomini mi guardano, hanno paura di me ma mi desiderano. Sono io che li possiedo. E’ una questione di potere. Ma tu hai idea di cosa sto parlando, ma’.”

Per tutta la durata del film il regista non concede alla protagonista una lacrima, un ripiegamento su se stessa, un attimo di nostalgia per un corpo oltraggiato dalla malattia ma le dona un’aria fin troppo spavalda, incosciente e superficiale. A dispetto del titolo del film, banditi gli sguardi morbosi e le incursioni voyeuristiche, il regista senza moralismi, propone la scelta della protagonista di mostrare il proprio corpo agli sguardi grondanti di sesso dei suoi fan. Ferrario compie una scelta di campo e filma solo il corpo erotizzato della protagonista, scotomizzando la malattia e lasciando sullo sfondo le visite mediche, la cura e le indagini cliniche a cui Nina deve sottoporsi. Camei di Luigi Diberti e di Antonello Grimaldi.

 

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