Gran bollito

di Mauro Bolognini con Shirley Winters, Max Von Sidow, Renato Pozzetto, Alberto Lionello, Laura Antonelli, Antonio Marsina  – Italia – 1977 - Durata 115’

 

Dopo diverse disgrazie, malattie e gravidanze non portate a termine, Lea (Shelley Winters) vive solo per Michele (Antonio Marsina), il suo unico figlio. Donna dal basso livello culturale, dalle radici meridionali e profondamente legata ad una concezione arcaica, scaramantica e primitiva del mondo, gestisce una ricevitoria del lotto al Nord, frequentata dal solito via vai di persone afflitte e  sconsolate; Berta Maner (Alberto Lionello), sposata con un uomo che vive in America e che non vede da venti anni; Lisa Carpi (Max Von Sidow), ancora alla ricerca dell’anima gemella e Stella Kraus (Renato Pozzetto), una cantante che si esibisce in un piccolo localino notturno. Lea diviene loro amica e per esorcizzare la morte dell’amato figlio, fa a pezzi ad una ad una le sue amiche e dopo aver bollito i loro corpi con la soda caustica in un enorme pentolone, ne ricava sapone e biscottini. La scia di sangue si allunga talmente da insospettire la polizia. Lea è sul punto di uccidere anche Lisa (Laura Antonelli), la fidanzata di Michele ma si blocca non appena la ragazza le confessa di essere incinta.

Il regista mette in scena la follia di una madre che uccide le sue vittime solo per proteggere l’adorato Michele dalla scure della morte e dalle insidie delle donne. La morte fa ben presto capolino con i dolorosi racconti della protagonista che narra a Berta dei figli deceduti prematuramente e degli aborti spontanei che avevano amplificato ancor più la sua sofferenza. Non mancano dei rituali primitivi ed arcaici dal sapore scaramantico (Lea strappa il cuore dal petto di un agnello per conservarlo in un vaso di vetro dove custodisce la foto del figlio), qualche frase oscura (“La morte si tiene lontana con la morte”) e qualche tocco macabro e grottesco (la mano di Berta che galleggia in primo piano nel pentolone).

Bolognini lascia (quasi) sempre fuori campo le scene del delitto e mostra l’ombra minacciosa della protagonista che con un’ascia si abbatte sul capo delle vittime e qualche  spruzzo di sangue inondi il tavolo della cucina e colori il pavimento di rosso. Bolognini non scava nella mente della protagonista che, quando è arrestata, nel salutare il marito, laconicamente, gli confida: “Perché ho ucciso? Solo Dio lo sa. No, solo io.”  Nonostante gli sforzi del regista di dare un tocco grottesco alla vicenda, non convincono le scelte di doppiare Shelley Winters con un accento spudoratamente dialettale e quello di regalare a Max Von Sidow, Renato Pozzetto ed Alberto Lionello abiti femminili, parrucche, smalto e rossetto. Tratto liberamente dalla vera storia di Leonarda Cianciulli, la Saponificatrice di Correggio, condannata all'ergastolo nel 1946 per gli efferati delitti.

 

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