Girolimoni, il mostro di Roma

di Damiano Damiani con Nino Manfredi, Gabriele Lavia, Orso Maria Guerrini, Mario Carotenuto – Italia -  1972 – Durata 125’

 

Tarquinio (Gabriele Lavia) è una persona disturbata e dopo aver abusato delle sue povere vittime, le uccide. L’opinione pubblica rumoreggia e Mussolini, ministro dell'Interno, avendo garantito ordine e disciplina impone alla polizia di trovare, al più presto, un colpevole. Dando credito ad una mocciosa bugiarda, ad un marito geloso ed a un brigadiere ambizioso che vuole fare carriera, gli investigatori puntano gli occhi su Gino Girolimoni (Nino Manfredi) un fotografo romano. Dipinto dalla stampa come un mostro è ingiustamente incarcerato. E’ rilasciato undici mesi dopo ma a nessun giornale pubblica un articolo che lo riabilita agli occhi dell’opinione pubblica. e lui rimane bollato per sempre come il pedofilo che ammazzava le bambine.

Damiani ambienta la vicenda a Roma negli Anni Venti e sferra un atto d’accusa contro la dittatura fascista, le infernali macchine del potere ed una certa stampa che, senza scrupoli, da in pasto all’opinione pubblica il solito mostro da sbattere in prima pagina. Il film è onesto ma è girato in maniera scolastica e didascalica e l’unica incursione che il regista si concede per descrivere il profilo psicologico del pedofilo è una battuta che affida a Girolimoni: “Tutti abbiamo una fetta di demonio dentro chiuso a chiave. Si vede che a quello gli si è rotto il chiavistello.”

Tarquinio è descritto come un uomo che agisce schiavo dei propri istinti rozzi e primitivi e che ogni qual volta si macchia di un delitto è, colpevolmente, coperto dalla madre. Sullo sfondo l’isteria della folla che accusa ingiustamente il povero vetturino Sterbini (Mario Carotenuto) di essere un pedofilo e lui per la vergogna si suicida ingerendo del vetriolo.

 

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