Il giardino di cemento (The cement garden)

di Andrew Birkin con Andrew Robertson, Charlotte Gainsbourg, Alice Coulthard, Ned Birkin, Jochen Horst, Hanns Zischler - GB -. 1992 – Durata 105’ – V.M 14

 

In una casa solitaria, alla periferia di una città inglese, dopo l’improvvisa morte del padre (Hanns Zischler) per un infarto mentre ricopriva il giardino di casa con del cemento, Jack (Andrew Robertson), Julie (Charlotte Gainsbourg), Sue (Alice Coulthard) e Tom (Ned Birkin), nel timore di essere affidati ai servizi sociali, seppelliscono il cadavere della madre in un baule pieno di cemento posto in cantina. Dopo un’iniziale sbandamento tutto sembra scorrere serenamente; Jack se ne sta in tranquillamente in disparte; Julie accetta la corte di Derek (Jochen Horst), Tom può vestirsi e truccarsi da donna, Sue può annotare le proprie riflessioni, indirizzate idealmente alla madre, nel suo diario. Ma la tempesta è nell’aria; Derek scopre la relazione incestuosa tra Jack e Julie che senza più remore decidono di viversi, il loro amore proibito.

Più che un film sugli amori incestuosi dei due protagonisti, il regista sembra voler offrirci uno spaccato malsano e dolente di una famiglia, deprivata prematuramente dell’affetto dei genitori. Quel cemento che compare nel titolo e che scandisce, ossessivamente, gli eventi più dolorosi degli infelici adolescenti, sembra rimandare alla freddezza ed alla durezza con la quale sono stati allevati. Con questa pellicola Andrew Birkin (fratello della più nota Jane) non vuole turbare, sorprendere o spiazzare ma raccontare una vicenda dove  Jack e Julie, diventano amanti, con naturalezza, quasi senza rendersene conto. Lo sguardo del regista non è né licenzioso, né pruriginoso ed i due adolescenti si scambiano baci, abbracci ed effusioni in un’atmosfera ricolma di candore e di innocenza. Derek li scopre, rimane impietrito e dice loro: “Non immaginavo foste così perversi”. Ed è allora che Julie si rivolge a Jack e gli chiede se l’aver fatto l’amore era una cosa giusta; il fratello, senza scomporsi, le risponde che gli è sembrato naturale e lei, sorridendo, annuisce. Nonostante la scrittura sia assolutamente piana colpiscono per intensità due scene; quella del padre che muore in giardino mentre Jack si masturba davanti ad uno specchio e quella delle sorelle che vestono Tom da donna, lo truccano e gli mettono una parrucca bionda. Sulla fruizione del film pesa però il ritmo un po’ troppo lento ed un’ambientazione eccessivamente cupa e claustrofobica. Dal romanzo omonimo di Ian McEwan. Orso d’argento al 43  Festival di Berlino (1993)

 

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