Ferro 3 - La casa vuota” di Kim Ki Duk - 2004

 

Premiato al Festival di Berlino del 2002 con il suo “Samaritan girl” ed autore del raffinato “Primavera, estate, autunno, inverno …e ancora primavera”, Kim Ki Duk, con “Ferro 3- La casa vuota”, il suo ultimo film rivelazione, ha vinto il premio speciale come migliore regista all’ultimo Festival di Venezia.

Tae –suk (Hee Jae) è uno strano ragazzo che ama abitare le case vuote degli altri. Sempre in sella ad una moto ed in compagnia di un’inseparabile mazza da golf, si introduce nelle abitazioni temporaneamente lasciate vuote dai proprietari e le vive come fossero sue. Si fa lo shampoo, si cucina da mangiare, ripara bilance ed orologi, innaffia le piante, fa il bucato ed ama immortalarsi con un autoscatto con alle spalle le foto dei proprietari degli appartamenti. Più che un ladro sembra una specie di angelo custode. In una di queste sue peregrinazioni diurne, entra in un appartamento ed incappa in Sun–kwa (Lee Seoung-Yeon) una donna sposata ed appena pestata a sangue dal marito. Senza battere ciglio, la ragazza lo seguirà nelle sue peregrinazioni, fino al giorno in cui verranno scoperti. Il ragazzo andrà in carcere ma poi ne uscirà e si aggirerà “come un fantasma” nella casa della sua amata Sun-kwa.

Il film si chiude con una scritta chiarificatrice:”Difficile dire se il mondo in cui viviamo sia realtà o sogno”.

Il film è impercettibile, impalpabile e passerà alla storia del cinema per il fatto che i due protagonisti non pronunciano una sillaba per tutta la durata del film. E la bellezza del film è (forse) proprio in questo silenzio che avvolge i due giovani protagonisti più di qualsiasi altra parola. 

A fare da contro-altare alla leggerezza della storia, sempre sospesa tra sogno e realtà, i soliti corrotti di turno, i mariti violenti ed insoddisfatti ma soprattutto la mazza da golf numero tre (la più potente, ma la meno usata delle altre) che da il titolo al film ed è onnipresente in ogni scena del film. Da antologia le scene del giovane protagonista, rinchiuso in carcere, che compare e scompare ogni qual volta il secondino passa a controllarlo in cella. Ed il film è tutto lì. Non è forse vero che Tae-suk ha imparato a farsi vedere solo da chi lo ama?

 

Recensione pubblicata su L'Articolo- Redazione napoletana del "L'Unità" - 15-12-2004

 

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