L’enfer

di Danis Tanovic con Emannuelle Béart, Carle Bouquet, Karin Viard, Marie Gilain, Jacques Gamblin, Guillaum Canet- Belgio – 2005 - Durata 98’

 

Uno stimato professore è arrestato con l’accusa di aver molestato sessualmente un giovane studente. Uscito di prigione torna a casa per rivedere le bambine ma la moglie (Carole Bouquet), ferma e decisa, gli oppone un netto rifiuto. Nel corso del litigio la donna cade a terra, priva di sensi, ed il marito, credendola morta, si lancia nel vuoto sotto gli occhi delle figlie. Le bambine crescono e, pur vivendo a Parigi hanno diradato da tempo i loro rapporti; Sophie (Emannuelel Béart) si strugge, inutilmente, per il marito Pietre (Jacques Gamblin), un fotografo che la tradisce senza farsi troppi scrupoli con delle modelle; Anne (Marie Gilain) non si rassegna all’idea che l’amato Frédéric (Jaques Perrin), professore universitario sposato e molto più grande di lei, l’abbia mollata su due piedi dopo averle giurato amore eterno; Céline (Karin Viard), nubile, sensibile e disponibile assiste la madre, inchiodata da quel fatidico giorno su una sedia a rotelle. La grigia esistenza di Celine sembra illuminarsi di colpo per le attenzioni che le rivolge Sébastien (Guillame Canet), un giovane sensibile e discreto. Con sconcerto Celine scoprirà che le gironzolava intorno solo per confessarle che era il ragazzino che aveva, ingiustamente, accusato suo padre e che, roso dai sensi di colpa, si era poi pentito.

In questo melò un po’ troppo statico e cerebrale Tanovic indugia con la macchina da presa sul volto delle tre sorelle e calibra, con perfezione millimetrica, colore, dialoghi ed ambientazione. La pellicola, attraversata da penetranti silenzi, mette in scena tre sorelle che traboccano di malcelata disperazione. L’inferno è alle loro spalle, in un passato che non possono dimenticare e che sembra averle irrimediabilmente condannate a soffrire, a tormentarsi ed a macerarsi dentro. Il regista intreccia mirabilmente le loro storie ma rende un po’ troppo claustrofobica e greve la vicenda che finisce per risultare troppo paludosa ed indigesta. Da segnalare una struggente poesia d’amore, tratta da “La forteresse” di Mesa Selmovic. Dalla trilogia Il Paradiso, l'Inferno, il Purgatorio scritta dal regista Krzysztof Kieslowski e da Krzysztof Piesiewicz. e da cui Tom Tikwer aveva già tratto nel 2002 Heaven.

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