Closer di Mike Nichols

 

Sono tante le pellicole dirette da quel piccolo genio della macchina da presa che è  Mike Nichols.

“Il laureato”, film girato nel 1967 da un giovanissimo Dustin Hoffman ed arricchito dalla mitica colonna sonora di Simon e Garkunkel, è ancora oggi, a distanza di decenni, un’indimenticabile cult movie. Lo stesso dicasi per “Comma 22” del 1970 film antimilitarista che vantava nel cast Orson Welles ed Anthony Perkins e per “Una donna in carriera” dell’88, graffiante pamphlet contro l’arrivismo di manager rampanti e senza scrupoli, interpretato da una smagliante Melanine Griffith.

Nichols è sempre stato un autore insolito nel panorama americano ed ha incentrato spesso le sue pellicole sui disagi esistenziali che attanagliano le coppie, siano esse formate da coniugi di mezza età o da giovani innamorati. Il suo “urlato” “Chi ha paura di Virginia Wolf?” (1966) ed i successivi “Conoscenza carnale” (pellicola cult con Nicholson, Bergen, Margareth e Garfunkel) del 1971 ed “Heartburn. Affari di cuore” (1986) declinavano tutte (in maniera tra loro) le infinite sfaccettature che si dipanano a partire dagli intrecci amorosi. Il recente “Closer” è idealmente costruito sulla falsariga dei suoi precedenti successi. Un paio di coppie si incontrano, si scontrano, si ritrovano, si lasciano….Come nel passato Nichols si avvale di un cast di ottimo livello ed in “Closer” si amano e si tradiscono Dan (Jude Law) Anna (Julia Roberts) Larry (Clive Owen) ed Alice (Natalie Portman). La trama è, purtroppo, banale e gli snodi narrativi prevedibili. Per dare un pizzico di sale alla trama, il vecchio Mike è costretto a rendere più salaci i dialoghi, sfiorando in alcuni casi il buon gusto e la caduta di stile. Jude Law se la cava con un po’ di mestiere, Julia Roberts è sempre identica a se stessa e Clive Owen recita come un pesce lesso. La vera sorpresa del film è l’intensa e convincente Natalie Portman, l’indimenticabile ragazzina-compagna del cecchino “Leon” di Luc Besson. Il titolo bruttino e poco evocativo sembra anch’esso un piccolo lapsus del regista. E se il vero titolo fosse “Closed” e rimandasse alle ormai spente capacità visive ed alla prosciugata vena ispiratrice del regista?

 

Recensione pubblicata su L'Articolo- Redazione napoletana del "L'Unità" - 19-12-2004

 

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