Cinema e terapia familiare: conversazione con Ignazio Senatore

 

 

 

 

mercoledì 04 gennaio 2012

cinema e terapia familiare.jpgdi MAURIZIO MOTTOLA da Nuova Agenzia Radicale – 5-1-2012

E' in libreria Cinema e terapia familiare (Franco Angeli), scritto dallo psichiatria e psicoterapeuta psicodinamico Ignazio Senatore (insieme con Rodolfo de Bernart), al quale abbiamo posto alcune domande.

Di che cosa tratta Cinema e terapia familiare?

Nel volume  "Curare con il cinema" e più specificatamente nel capitolo "Da Taxi driver a Blade runner: l'immagine della famiglia nel cinema" avevo già analizzato come il gruppo familiare fosse stato rappresentato sullo schermo nel rispetto di canoni seriali e standardizzati. In questo volume, scritto a quattro mani con Rodolfo de Bernart, la nostra attenzione è stata rivolta a come il cinema avesse declinato le diverse fasi del ciclo vitale della famiglia: la nascita della coppia, l'arrivo del primo figlio, l'infanzia, l'adolescenza, le influenze della famiglia d'origine, i rapporti tra madre e figli e tra padri e figli.

Ne è risultato un viaggio entusiasmante che ha attraversato diverse cinematografie e che ha mostrato ancora una volta, come registi e sceneggiatori, tra le pieghe della trama, siano in grado di far scorgere allo spettatore le complesse e variegate emozioni che circolano all'interno di un gruppo familiare, cementato e tenuto stretto da segreti e bugie, da affetti e tradimenti, da illusioni e delusioni, da violenza e tenerezza. "Idealmente" il volume è composto da una prima parte più "teorica" e da una seconda strutturata in schede film.

Ogni capitolo è corredato, inoltre, di una ricca filmografia sull'argomento. Un volume rivolto non solo agli psichiatri ed agli appassionati di cinema, ma che può interessare chiunque voglia comprendere l'intricato ed affascinante universo familiare.

Nei suoi numerosi libri che percorso ha sviluppato?

Ogni volume nasce da un'urgenza diversa. Non credo di aver scelto "consapevolmente" un determinato percorso ma, lasciandomi guidare dalla mia grande passione per il cinema, ho analizzato, nel tempo, quei film d'interesse psichiatrico prodotti dalle diverse stagioni cinematografiche: dal muto al noir, dal cinema classico americano a quelli diretti dai Maestri del cinema europeo, da quelli cari al cinema indipendente a quelli delle cinematografie minori. Fedele ad un'impostazione cinefilica, il mio impegno maggiore è stato sia in "Curare con il cinema" e nel successivo "Il cineforum del dottor Freud" quello di analizzare anche le pellicole sconosciute al largo pubblico e, fedele a quest'impostazione, il mio lavoro di ricerca è culminato nel volume "Psycho cult", dove ho schedato tantissimi B-movie italiani degli anni Settanta ed Ottanta.

In "Cinema, mente e corpo" ho cambiato in un certo senso rotta e, fedele ad un taglio più clinico, ho schedato più di cinquecento film, dividendoli per aree psicopatologiche: dall'alcolismo alla tossicodipendenza, dalla follia alle fobie ed ossessioni, dalla demenza al ritardo mentale. Forse l'affermazione a me molto cara di Erri De Luca "Amo il cinema che non mi lascia in pace" è quella che meglio definisce questo mio continuo zigzagare tra i film. Confesso, però, che la mia identità di critico cinematografico mi sta spingendo oltre; non a caso è in libreria, edito da Falsopiano, "Roberto Faenza Uno scomodo regista", il mio primo volume più "cinematografico", dedicato ad un regista spesso ed ingiustamente bistrattato dalla critica.

Il libro contiene una serie di aneddoti cinematografici e di ricche ed acute riflessioni sul cinema ed è strutturato in tre parti: un'appassionante intervista a Roberto, un'antologia della critica ed il "Diario americano", scritto da Faenza mentre girava negli States il suo ultimo film, in uscita nelle sale il prossimo febbraio. Proseguendo questa scia sono in stampa altri miei due volumi, editi da Falsopiano, dedicati ai registi Giuseppe Piccioni e Daniele Luchetti.

In un periodo di crisi come l'attuale che funzioni sta svolgendo il cinema?

Il cinema è un'industria e come tale bada soprattutto a far soldi. Non a caso un regista, che ho intervistato di recente, mi confessò che, quando si rivolse ad un produttore per proporgli un film, prima che potesse illustrargli la trama, si sentì chiedere: "Il tuo ultimo film quanto ha incassato?".

In un periodo di crisi come il nostro è evidente che i produttori finanziano per lo più film diretti a quelle fasce d'età che vanno al cinema; questo spiega il boom delle commedie giovaniliste e gli intramontabili cartoni animati. C'è ancora spazio però per il cinema d'autore e per quelle pellicole militanti e di denuncia sociale. Del resto, da quando è nato il cinema si è sempre diviso tra i sostenitori dei fratelli Lumiere e quelli di Melies.

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