Chappaqua

di Conrad Rooks con Conrad Rooks, Jean Louis Barrault - USA – 1967- Durata 82 – V.M 14

 

Il giovane ventisettenne Russel Harwick (Conrad Rooks) ha sviluppato una grande dipendenza nei confronti dell'alcool e delle droghe. Per provare a disintossicarsi si trasferisce da New York a Parigi dove si ricovera in una clinica specializzata diretta dal dottor Benoit (Jean Louis Barrault) al quale confessa di essere un accanito tossicomane e di aver assunto grandi quantità di peyote. Nel corso degli incontri gli racconta delle fantastiche visioni che lo hanno abbagliato e che non riesce a cancellare dalla propria mente; Russel è uno spirito inquieto e dopo poco scappa dalla clinica in elicottero. E se la sua fuga dalla clinica fosse solo il frutto della sua immaginazione?

La pellicola si apre con una scritta: “Il mio nome è Russel Harwick. Ho scritto questo diario per documentare le mie esperienze da alcolizzato. Cominciai a bere a 14 anni durante una vacanza scolastica. A 15 anni soffrivo di delirium tremens. A 19 anni scoprii che la marijuana, l’hashish e l’eroina mi tenevano lontano dall’alcol per un periodo limitato. Il mio divenne un labirinto di assuefazione all’alcole poi alle droghe. Infine fui introdotto al pelote allucinogeno e all’LSD 25. Sotto l’effetto del peyote ebbi una visione che cercai di dimenticare tornando a bere ma il ricordo mi ossessionava.”

Il regista monta le sequenze in maniera anarchica ed irregolare e, per non fornire alcun punto di riferimento allo spettatore, propone dei continui passaggi dal bianco e nero al colore. Lo scopo di Rooks è quello di filmare un viaggio psichedelico dove gli incubi e le allucinazioni del protagonista sono indistinguibili dalla realtà. La trama è inesistente ed il film si nutre di frammenti di immagini dove compaiono, a turno, i mostri sacri della Beat generation; Allen Ginsberg, canta e suona una canzone indiana seduto per strada, Williams S. Burroughs interpreta il ruolo di Opium Jones e Peter Orlovskj in meditazione yoga. Non mancano danze africane, guru che meditano, sonorità orientali con le musiche di Ravi Shankar che affianca la colonna sonora di Ornette Coleman. Più che un luogo di cura la clinica sembra una vecchia villa nobiliare e, nel corso del film, non compaiono né ricoverati, né altri dottori. E quando Harwick racconta a Benoit le sue visioni, questi, senza scomporsi, gli risponde: “Mio nonno era Descartes quindi mi baso sulla logica. Ha capito?Più investigo e meno so.”  Cinema nel cinema con il regista che mostra le riprese del film e cita Il selvaggio di Lazlo Benedek e Dracula di Tod Browing. Il titolo del film è un riferimento a Chappaqua è un villaggio a 50 miglia da New York, terra abitata un tempo dagli indiani e che nel loro linguaggio significa “il luogo segreto delle acque correnti”. Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia del 1966.

 

 

 

Stralcio da “Vero come una finzione” Springer Editore – 2010 di Matteo Balestrieri, Stefano Caracciolo, Riccardo Dalle Luche, Paolo Iazzetta, Ignazio Senatore

 

 

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