Central do Brasil (Estación central do Brasil)

di Walter Salles con  Fernanda Montenegro, Vinicius de Oliveira, Marilia Pêra, Sôia Lira- Brasile. – 1998 – Durata 115’

 

Dora (Fernanda Montenegro), insegnante di mezz’età, per sbarcare il lunario, si guadagna da vivere scrivendo per un real delle lettere agli analfabeti nella stazione centrale di Rio de Janeiro e chiedendone un altro per spedirle. Egoista, insensibile e con il cuore di ghiaccio invece di imbucarle le getta via, trattenendo per sé il real richiesto per il francobollo. Impassibile di fronte ai drammi che gli analfabeti le raccontano, custodisce le lettere in un cassettone che ha in casa e di tanto in tanto, si compiace nel rileggerle. Un giorno Ana (Sôia Lira), accompagnata da Josué (Vinicius de Oliveira), il figlio di nove anni, le chiede di spedire una lettera al marito Jesus che li ha abbandonati da anni e che vive a Bon Jesus, un paese sperduto del Brasile. Ana muore qualche istante dopo, investita da un’auto, e Josué non ha nessuno che si prende cura di lui. Dora decide allora di venderlo a dei loschi individui che, dietro il paravento delle adozioni in paesi lontani, hanno organizzato un commercio di trapianti di organo. Intascata una bella cifra, Dora compra una televisione ma Irene (Marilla Pêra) la sua amica del cuore, stigmatizza così duramente il suo comportamento che Dora, ritorna sui propri passi e, con un piccolo escamotage, riesce a riprendersi Josué. Per sfuggire alle grinfie dei malfattori abbandona la città e parte con il piccolo alla ricerca di Jesus. Nel corso del viaggio i due familiarizzano, legano, fino a diventare grandi amici e, giunti a destinazione scoprono che Jesus era un vecchio ubriacone e che di lui si sono perse le tracce. Dora che si è affezionata, intanto, al bambino, già pregusta il sogno di tenerlo accanto a sé a Rio ma s’imbatte nei fratelli maggiori di Josué che li accolgono con calore ed affetto. Dora comprende che è giusto che Josuè rimanga a vivere con loro e, nel riprendere l’autobus che la riporta a Rio, gli scrive una lettera chiedendogli di non dimenticarla.

Idealmente diviso in due parti (la prima parte ambientata nella caotica Rio de Janeiro e la seconda nelle zone povere e desertiche del Brasile del Nord Est) questo toccante, poetico e commovente road-movie, ti spiazza per la sua incredibile semplicità. Il regista tocca dei temi universali (l’abbandono e la solitudine dei minori, la ricerca delle proprie radici, l‘amicizia tra un’anziana donna ed un bambino) e lo fa con passo felpato, senza scadere in zuccherosi romanticismi. Con il suo faccino luminoso e spaurito, Josuè è assolutamente disarmante e non avendo mai conosciuto il padre, per tutto il film, ogni volta che incontra un uomo chiede a Dora: “Quello ha una faccia da padre?”  Durante il viaggio Dora riscopre un’affettività ed un’umanità ormai silente ed un inatteso senso di maternità. In questo reciproco percorso di formazione il bambino ritrova le proprie radici familiari e Dora recupera dei brandelli delle memoria passata che la riportano a quando era bambina. Nubile e priva di affetti, si è indurita ed inacidita nel corso del tempo; la madre era morta quando lei era bambina ed il padre, soprannominato “sparaballe” per le bugie che raccontava, era sempre stata una figura periferica ed assente. Al piccolo Josuè lei stessa, con un pizzico di melanconica ironia, racconta: “A volte anch’io dimentico la faccia di mio padre. Me ne sono andata via di casa a sedici anni e non ho più rivisto mio padre. Qualche anno dopo a Rio Branco me lo trovo di fronte. Che emozione! Allora mi sono fatta coraggio e gli ho detto: “Mi riconosci o no, allora ti ricordi di me?” Che non mi riconosceva glielo letto in faccia. Non aveva riconosciuto sua figlia. “Oh tesoro mio vieni qua. Come ho potuto dimenticarmi di una ragazza graziosetta come te?” Mi sono scusata dicendo che avevo  sbagliato persona e me ne sono andata. Ho saputo che qualche anno dopo era morto. Ha capito? Tra poco anche tu ti sarai scordato di me, mi dimenticherai.” Indimenticabili le scene dei poveri analfabeti che, ricolmi di speranza, affidano a Dora pezzetti della loro vita privata. Struggente la colonna sonora di Antonio Pinto e di Jacques Morelenbaum. Orso d’oro come miglior film 48 Festival di Berlino. Fernanda Montenegro premiata con l’Orso d'argento per la migliore interpretazione femminile e candidata come migliore attrice agli Oscar 1999. Candidato all’Oscar 1999 come migliore film straniero.

 

 

Torna alla Homepage »