Il carcere dimenticato

 

 

Strano destino quello delle istituzioni psichiatriche e carcerarie, per secoli, fedeli al motto “Sorvegliare e punire”. Michel Foucault, intitolò così, non a caso, uno dei suoi volumi più famosi 

Se ripercorriamo a ritroso la storia di queste due “istituzioni neganti” possiamo scoprire che entrambe erano orientate più alla coercizione che alla cura o alla riabilitazione dei loro ospiti.

La società, infatti, ha sempre sentito il bisogno di creare una separazione tra sano e patologico, tra chi rispettava le norme e chi le deviava e per questa ragione, nei secoli passati, i folli e chi si macchiava dei più gravi delitti erano rinchiusi nelle stesse nude celle. in ambienti malsani.

Gli “alienati” venivano relegati in appositi ambienti oscuri e malsani destinati dalla pubblica amministrazione per lo più nelle zone periferiche delle città oppure internati negli ospedali e messi accanto agli assassini e agli altri criminali, in ceppi e catene, senza speranza di essere liberati. Dall’inizio del Novecento si respira un aria nuova ed i venti progressisti hanno, finalmente, scosso le coscienze e promosso all’interno della società civile un approccio non punitivo ma riabilitativo sia alla malattia mentale che all’atto del delinquere.

“Il carcere dimenticato” è un corto di diciotto minuti, curato da Domenico Ciruzzi (presidente della Camera Penale) dall’attore Riccardo Zinna e dal giudice  Enzo Lo Monte. E’ Domenico Ciruzzi che ci racconta come è nato questo come è nato questo progetto.

“Nel 1985 montammo un video per la RAI, della durata di quindici minuti, con degli inediti girati nel Carcere di Poggioreale e mai andato in onda. Nel video si vedevano le celle del carcere affollate fino a sei o sette detenuti, con il bagno accanto alla cucina. La seconda parte del video era girata in un carcere speciale, ad Opera, in provincia di Milano. La differenza con Poggioreale era enorme. Quello di Opera era un carcere super elettronico e tutto automatico, dove il detenuto era sotto controllo di telecamere, ventiquattro ore su ventiquattro ed assolutamente spersonalizzante. Il corto si concludeva con un brano di Luigi Ferraioli, uno dei più grandi penalisti italiani, che ribadiva l’assoluta inutilità dell’istituzione carceraria, pratica che doveva essere utilizzata solo come estrema ratio. Al corto sono stati poi aggiunti altri tre minuti, curati dalla Camera penale di Napoli. Un detenuto si racconta e ricorda quando era recluso quindici anni fa a Poggioreale. Lui stesso dichiara che, per sua fortuna, non era più ritornato in quel luogo e che dai commenti dei suoi parenti ed amici, aveva saputo che il carcere non aveva subito modifiche sostanziali e che le condizioni dei carcerati erano identiche a quando lui stesso era recluso.”

Nel corso dell’intervista è lo stesso Ciruzzi che chiarisce il senso di quel melanconico aggettivo presente nel titolo del corto.

“Dimenticato” perché il carcere è una discarica sociale. Ai giorni d’oggi nelle galere il novanta per cento è composto da proletari e da poveri emarginati. Se le chance fossero offerte a tutti nello stesso modo, se a tutti

fosse data un’educazione alla bellezza, non credo che queste frange sociali delinquerebbero. Non si tratta di essere buonisti ma le mie riflessioni tengono conto di dati di realtà. Se metti una persona in carcere e la si tiene nelle attuali condizioni, è matematicamente certo che quando uscirà di galera sarà più arrabbiata di prima. Questo non significa che non debba esserci uno Stato di diritto e che si debba, in lacune occasioni,  ricorrere al carcere ma è pur vero che le società occidentali dovrebbero provvedere alle inclusioni più che alle esclusioni.”

 

 

L'Articolo- Redazione napoletana del "L'Unità" - 04-01-2005

 

 

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