Intervista a Marco Bellocchio

 

C’è chi dice che nessun regista sa come lui scandagliare così a fondo l’animo umano e citano quei film (Salto nel vuoto, La balia) nei quali l’inconscio dei protagonisti è messo a nudo. Altri lo accusano, invece, di essere un regista troppo intellettuale e cerebrale e non gli perdonano quelle pellicole (Il principe di Homburg, Il sogno della farfalla…) criptiche ed enigmatiche girate nel periodo in cui era sensibile al verbo di Massimo Fagioli. Altri ancora, dopo aver sottolineato le sue indiscutibili capacità stilistiche e la sua visionaria capacità di fondere sogni e realtà, sottolineano sia il suo impegno politico e civile (La Cina è vicina, Sbatti il mostro in prima pagina, Buongiorno notte…) che le sue battaglie contro le istituzioni oppressive e totalitarie (Nel nome del padre, Marcia Trionfale...) Marco Bellocchio, piacentino, sta vivendo in questi ultimi anni un’intensa stagione creativa come lo testimoniano i suoi due ultimi capolavori: L’ora di religione e Il regista di matrimoni. Sfoderando, come suo solito, una sottile autoironia, Marco Belloccchio, con tono pacato e sereno, così si racconta:   

 

“Mio fratello aveva fondato “I quaderni piacentini” ed tra poeti, filosofi, scrittori e letterati, in casa si respirava sempre un clima di cultura Il cinema era visto come un divertimento ma quando vidi Marlon Brando che interpretava Fronte del porto ne rimasi così abbagliato che decisi che avrei voluto fare l’attore. Alla fine del liceo ho fatto un concorso e sono entrato in un’accademia teatrale a Milano. Ma poi un po’ per la mia voce afona, un po’ perché mi ero stufato di fare l’attore, fui spinto a fare cinema. In realtà il salto alla regia è stata una forma di autodifesa. La macchina da presa è una forma di scudo, di autodifesa ma allo steso tempo anche una maniera di esporsi. Se non avessi fatto il regista sarei finito in manicomio”.

 

In tutti questi anni non ti è mai venuta voglia di vestire nuovamente i panni dell’attore?

 

“In Buongiorno notte avevo pensato, in maniera molto velleitaria di interpretare Moro ma poi ho capito che non ci si può improvvisare attore."

 

Potremmo dire che nei tuoi film fanno spesso capolino alcuni temi; la famiglia, il rapporto madre-figli, la religione..

 

“E’ banale dirlo ma le cose che più ti prendono tornano sempre. E’ la tua vita che ti permette di inventare il tuo cinema, la tua arte."

 

Sei stato spesso attaccato sia dal mondo cattolico che da quello di sinistra?

 

“Alcuni ambienti cattolici hanno reagito negativamente alle mie critiche espresse ne L’ora di religione ad un certo mercato dei santi; altri, invece, lo hanno molto apprezzato e si sono sentiti molto coinvolti dal film. Anche Buongiorno notte ha suscitato un vespaio d polemiche. Una parte ha apprezzato il fatto che provassi a togliere degli scheletri dagli armadi; un’altra mi ha attaccato perché ero stato troppo benevolo nei confronti dei brigatisti o perché, li avevo raffigurati in maniera fin troppo caricaturale. Altri, invece, mi hanno accusato di non aver sottolineato che Moro era una canaglia e mi hanno ricordato che, al tempo, c’era stato chi aveva brindato all’omicidio di Moro. Queste reazioni così contrastanti mi fanno pensare che dopo più di venticinque anni, questa tragedia italiana ha lasciato ancora dei furori e non è stata risolta.”

 

E’ vero che avevi pensato a Gianni Morandi come protagonista de I pugni in tasca?

 

“Al tempo aveva diciotto anni ed aveva dato la sua disponibilità ma poi intervenne Migliacci e lo convinse che con quel film avrebbe potuto compromettere la sua carriera. Al tempo, ricordo avevo venti anni ed ero senza una lira e prima di scegliere Lou Castel feci un provino a Franco Nero.”

 

Come mai hai lavorato così poco con la televisione?

 

“Ci sono delle cose che nessuna televisione produrrebbe. Ricordo che feci Il gabbiano in due puntate per la TV e fu presentato in prima serata domenica e lunedì; adesso andrebbe in onda alle quattro di notte. Al tempo non ci fu nessuna interferenza sul linguaggio che adottai, adesso ti chiederebbero uno stile come quello della pubblicità. A me piace molto la musica lirica che ormai è scomparsa del tutto dai palinsesti TV. Non oso pensare cosa succederà in futuro. E quella battuta che gli italiani erano un popolo di poeti non va bene più. Adesso tutti vogliono fare i registi e sono diventati milioni i cineasti che sfornano immagini. Si è passati così dallo scrivere in versi a filmare.”

 

Cosa pensi dei giovani cineasti italiani?

 

“Uno dei loro difetti principali è che le immagini sono al servizio della parola. Non sono contro le cose estetizzanti ma abbiamo bisogno della potenza delle immagini che non devono mai essere stucchevoli”

 

Il tuo ultimo film Il regista di matrimonio è un gioiello. Era da tempo che non mi perdevo così al cinema.

 

“C’è stato un collega regista che mi ha detto: “Gli ultimi cinque  minuti non li ho capiti” ma il senso di quel film è proprio quello. Al cinema ti devi lasciare andare come per l‘amore. Il regista non deve preoccuparsi di spiegare tutto.”

 

 

da "La Voce della Campania" - Numero 4 - Aprile  2007

 

 

 

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