Bellissima

di Luchino Visconti con Anna Magnani, Tina Apicella, Walter Chiari, Alessandro Blasetti, Gastone Renzelli - Italia – 1951 – Durata 113’ – B/N

 

Il regista Alessandro Blasetti cerca una bambina per un ruolo nel film “Oggi, domani e mai”. Maddalena Cecconi (Anna Magnani), una donna di umili estrazioni che sbarca il lunario come siringaia, pensa che sia l’occasione giusta per la figlia Maria (Tina Apicella) di sette anni di sfondare e di garantirsi un futuro migliore. Invano, il marito Spartaco (Gastone Renzelli), un tipo rozzo e manesco, prova a frenare le sue fantasie ed a riportarla con i piedi per terra. Maddalena accompagna la figlia per il provino a Cinecittà e scopre che tantissime madri hanno coltivato il suo stesso sogno. Lì s’imbatte in Alberto Annovazzi (Walter Chiari), un traffichino che si spaccia per l’aiutante del regista, fa un po’ il cascamorto e le lascia intendere che può aiutarla nel far ottenere la parte alla piccola. Dopo aver avuto la notizia che la figlia aveva superato la prima selezione, Maddalena, l’accompagna da un fotografo professionista, l’affida a Tilde, una sedicente attrice, affinché insegni la bambina a recitare, l’iscrive ad un corso di danza classica, la porta da un parrucchiere ed, infine, dopo aver dato tutti i propri risparmi ad Annovazzi che se le intasca, truffandola, le compra un bel vestito. Giunto il fatidico giorno Maddalena s’intrufola di nascosto nella sala della proiezione e scopre che, nel corso del provino, gli assistenti del regista deridono la figlia che, non riuscendo a spegnere le candeline di una torta, era esplosa in un pianto dirotto. Avendo compreso che il mondo del cinema é popolato da persone grette e insensibili, indignata, se ne ritorna a casa con la bambina. Qualche ora dopo Annovazzi ed un factotum di Blasetti l’informano che la piccola è stata prescelta per la parte; per difenderla da quel mondo meschino, crudele e spietato, Maddalena rifiuta di firmare il contratto e si riconcilia con il marito.

Sceneggiato dal regista con Francesco Rosi e Suso Cecchi D’Amico, Visconti lancia un velenoso, amaro e feroce attacco contro il variegato ma complesso mondo del cinema, popolato di affaristi e di imbroglioni di mezza tacca che speculano sui sogni e le fantasie della povera gente.

Visconti intinge la pellicola negli stilemi neorealistici, lascia intravedere gli affanni, le delusioni e le speranze infrante delle classi sociali più povere nell’Italia del Dopoguerra e lascia che la mdp pedini il volto intenso della protagonista, descritta come una donna che lotta con tutte le proprie forze perché la figlia, ai suoi occhi “bellissima” (come recita il titolo del film) non viva come lei più di stenti e di sacrifici. Emozionata, come se lei stessa dovesse fare il provino, va in brodo di giuggiole quando Blasetti bacia la piccola Maria e, nel timore che qualcuno possa infrangere il suo sogno, si scontra con il fotografo perché, a suo dire, avrebbe scattato una foto alla figlia quando aveva gli occhi chiusi ed attacca la maestra di ballo perché non fa danzare la figlia insieme alle altre bambine più brave. In maniera un po’ scolastica il regista contrappone da un lato Maddalena, una donna che crede ancora nelle favole e che ha lasciato aperta la porta del cuore ai sogni ed alle fantasie e dall’altro Spartaco, una persona semplice, gretta e concreta che ha smesso da tempo di coltivare illusioni. Sul finale Spartaco a muso duro, litiga con lei, accusandola di non essere mai in casa e di non prendersi più cura di lui. I vicini accorrono ed allora Maddalena svela loro gli affanni, i tormenti e le fatiche spese per veder coronare il proprio sogno:“Voglio che mia figlia diventi qualcuno. Ce l’ho o non ce l’ho questo diritto o è un delitto? Non deve diventare una disgraziata mi figlia, non deve dipendere da nessuno, non deve pigliare le botte come le piglio io. Non le deve piglià. Non sapete i sacrifici che ho fatto per rimediare i soldi per fare queste poche cosette, le corse che mi son fatto per tutta Roma di nascosto di lui per non toccargli i soldi e lui, per ringraziamento, me ammazza di botte.”. La pellicola resiste ancora intatta all’usura del tempo e fanno da cornice all’appassionata vicenda le arie tratte dell'Elisir d'amore di Donizetti. La recitazione della Magnani, perfetta per lo stile di allora, oggi appare fin troppo straripante ed eccessivamente lacrimevole. Da un soggetto di Zavattini, sceneggiato da Suso Cecchi D’Amico e Francesco Rosi.

 

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