I bambini ci guardano

di Vittorio De Sica con Emilio Cigoli, Luciano De Ambrosis, Isa Pola, Adriano Rimordi, Giovanna Cigoli - Italia – 1943 – Durata 90’ -  B/N

 

Dina (Isa Poli) ha una relazione con Roberto (Adriano Rimordi) e, divorata dalla passione, abbandona il marito Andrea (Emilio Cigoli), un distinto e silenzioso impiegato di banca ed il figlio Pricò (Luciano De Ambrosis) di sette anni. Il piccolo, preso in cura amorevolmente da Agnese (Giovanna Cigoli)  l’anziana governante, dopo aver fatto tappa da una zia e poi dalla nonna, si ammala e Dina, corrosa dai sensi di colpa, ritorna a casa per accudirlo. Per il bene del bambino, Andrea la riaccoglie in casa ma non le rivolge più la parola. Con il passare del tempo le tensioni tra i due coniugi si stemperano, al punto che decidono di trascorrere insieme al bambino le vacanze estive. Dopo qualche giorno Andrea rientra al lavoro e Roberto, giunto nella località balneare, ritorna alla carica. Pricò scopre la tresca e, deluso ed abbattuto, decide di ritornare dal padre ma, per un pelo, non è investito da un treno. Solo ed impaurito è messo in salvo dai carabinieri che lo riaccompagnano in albergo. La madre l’indomani lo riporta a Roma e, senza fornirgli alcuna spiegazione, lo abbandona davanti al portone di casa. Andrea dopo aver rinchiuso Pricò in collegio, si suicida e quando la madre prova a riportarlo a casa preferisce rimanere in collegio.

Pellicola che sancisce il passaggio del regista dalla commedia brillante a quelle dal taglio drammatico e sociale e che sigilla, in sede di sceneggiatura, la collaborazione con Cesare Zavattini. De Sica mette in scena il romanzo Pricò (1924) di Cesare Giulio Viola ed impagina un dramma che, nonostante le sbavature e gli scivoloni nel sentimentale e nel fotoromanzo, arriva diritto in fondo al cuore. Come recita il titolo del film De Sica punta la mdp sul volto afflitto e sconsolato del piccolo protagonista che, per tutto il film, si aggira sullo schermo, cercando di comprendere un mondo (quello degli adulti) che ai suoi occhi appare spietato, incomprensibile e crudele. Anche se Pricò ha la lacrima facile, la sua sofferenza si tocca con mano ed è tenero e disperato il suo tentativo di fronteggiare Roberto e mordergli un mano. Non meno tragica la figura di Andrea, un uomo discreto, taciturno e compassato, che, dopo l’ennesima fuga della moglie con l’amante, spezzato dentro, non regge alla delusione e s’ammazza. De Sica lascia fuori campo la scena del suicido ma la carica di una pulsante commozione. In questo dramma sulla decadenza della famiglia borghese colpisce la scelta controcorrente e coraggiosa del regista e di Zavattini di mostrare una madre ( e non un padre) che abbandona marito e figlio e di mettere in scena un padre che non è né un eroe, né un vincente. Il film scatenò l’ira del regime fascista che finì per osteggiarlo in tutti i modi.

 

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