Un bacio appassionato di Ken Loach – 2005

 

Cassim (Atta Yaquib) un giovane D.J pakistano, vive a Glasgow con i suoi genitori (musulmani praticanti) e, come è tradizione, è già promesso in sposo a sua cugina Jasmine. Il ragazzo ha un sogno nel cassetto: aprire una discoteca dove possano entrare tutti, "dal burka al perizoma", senza alcuna discriminazione religiosa o razziale.Un giorno incontra Roisin (Eva Birthistle) l’insegnate di musica di sua sorella minore, e tra i due scocca l’amore. Cassim sarà costretto a scegliere tra la passione per la giovane donna (bianca e cattolica) ed il rispetto per i riti e la tradizione musulmana.

Dopo "Sweet sixteeen" e "My name is Joe", Loach ci propone un terzo capitolo ambientato nella Scozia dei nostri giorni Il vecchio Ken, con il passare degli anni, perde però la sua vena caustica e non graffia più lo schermo con le sue pellicole di denuncia sociale ("Family life", "Ladybird Ladybird", "Riff Raff", "Piovono pietre"…). Il regista inglese non solo parte da un’idea non nuova (l’integralismo ed il fanatismo religioso dei cattolici e dei musulmani) ma non riesce a dar vita ad una vicenda pulsante ed appassionata, come il titolo imporrebbe. Loach ricicla il tema dell’amore contrastato tra innamorati di diverse etnie e non colora la sua opera della forza dirompente de "La sposa turca", dell’ironia di "Sognando Beckam", della freschezza di "Jalla! Jalla!", risparmiandoci (solo e per fortuna) la stupidità di "Un grosso grasso matrimonio greco" e del recente "Matrimoni e pregiudizi". Per rendere più appetibile la fruizione della pellicola, Loach dispensa allo spettatore una spruzzatina di sesso, un pizzico di paternalismo ed una fastidiosa rilettura di un mondo (quello islamico) distante milioni di anni luce dalla sua cultura e tradizione.

Del film, privo di soluzioni stilistiche apprezzabili, sorprende l’interpretazione del giovane protagonista della pellicola, in grado di trasmettere allo spettatore lo stato di continuo spaesamento per la sua condizione. Il titolo trae spunto da una ballata del poeta scozzese Robert Burns (accennata all’inizio del film) ed è dedicato alla memoria di Martin Johnson, scenografo del film.

 

Recensione pubblicata su L'Articolo- Redazione napoletana del "L'Unità" - 16-01-2005

 

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