BABYCALL

 

Come fai  a sapere che i tuoi ricordi sono veri?”. Basta questa frase, pronunciata da Anna (Noomi Rapace), la tormentata protagonista, per descrivere il clima che si respira in questo claustrofilico thriller norvegese, diretto da Pal Sletaune, ambientato quasi totalmente nell’appartamento dove l’inquieta Anna si è rifugiata con il figlioletto Anders, vittima del comportamento violento del padre. La vicenda resta perennemente in bilico tra fantasia e realtà e l’ingresso in campo del timido, comprensivo e paziente Helge (Kristoffer Joner), commesso di un negozio di elettrodomestici, legato in maniera morbosa alla madre morente, sembra offrire un piccolo spiraglio alla vicenda che, finirà, inevitabilmente, per incupirsi fino al tragico e pessimistico finale.

Il regista mescola bene le carte e, per gran parte della narrazione, lascia che si insinui nello spettatore il dubbio tra chi è più fuori di testa; Anna o il misterioso Anders?  

Facendo ricorso agli stilemi del genere, punta tutto sugli strani rumori che emette il babycall che Anna ha comprato nel negozio dove lavora Helge per non perdere mai d’occhio il figlio. Per detendere la tensione il regista offre, di tanto in tanto, una via di fuga, regalando allo spettatore l’improbabile love-story tra Anna e Helge. Un tenero Joner surclassa una Rapace fin troppo statica  e legnosa.

 

Recensione pubblicata su Segno Cinema N 183 sett-2013

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