Al di là della vita  (Bringing out the dead)

di Martin Scorsese con Nicolas Cage, Patricia Arquette, John Goodman, Cullen O.  Johnson, Ving Rhames, Tom Sizemore – USA – 2000- Durata 120’

 

Ossessionato dal fantasma di Rose, una tossicomane nera morta tra le sue braccia per overdose, la mente di Frank Pierce (Nicolas Cage), paramedico nel turno di notte all'Emergency Medical Service di New York, vacilla ogni giorno di più. Teso, insonne e sfibrato con i suoi colleghi Larry (John Goodman) Marcus (Ving Rhames) e Bob (Tom Sizemore) accorre freneticamente da un capo all’altro della città per prestare i primi soccorsi a tossicodipendenti in overdose, ad infartuati che lottano tra la vita e la morte ed a qualche scoppiato, vittima degli effetti devastanti della “Morte rossa”, la droga micidiale che da un po’ circola in città. Una notte come tante Frank è chiamato per trasportare al Pronto Soccorso il signor Burke (Cullen O.  Johnson) un uomo in coma e con il cuore malandato ed è colpito dalla dolcezza di sua figlia Mary (Patricia Arquette) con la quale stringe una tenera amicizia. Dopo aver lavorato per tre giorni senza sosta, sfinito e stremato, nel vedere Burke, immobile nel letto d’ospedale, con lo sguardo nel vuoto ed attaccato ad un respiratore, Frank si convince che il suo ultimo desiderio sia quello di essere aiutato a morire. Il film si chiude con Frank che si addormenta tra le braccia di Mary.

Scorsese ambienta la vicenda in una sordida, tenebrosa e violenta New York, la racchiude nell’arco di tre giorni (dal giovedì al sabato). Come in un incubo ad occhi aperti, Frank ed i suoi colleghi, dopo aver intubato i pazienti e somministrato loro i presidi farmacologici d’urgenza, lottano contro il tempo e si precipitano a sirene spiegate al Pronto Soccorso dell’ospedale che assomiglia più ad un girone dantesco che ad un luogo di cura; barelle ammassate nei corridoi, pazienti sofferenti che chiedono, invano aiuto, un via vai di medici e di infermieri che provano a prestare le prime cure agli ammalati. Il regista fa un grande uso della voce fuori campo del protagonista che, nel corso della vicenda, dopo aver visto morire tanti pazienti tra le sue braccia, sentendosi sempre più impotente, va in crisi e stanco, frustrato ed avvilito, regala allo spettatore le proprie riflessioni

Scorsese prova ad alleggerire la vicenda con l’ingresso in campo di Mary, una creatura fragile ed insicura che finisce nelle grinfie di uno spacciatore senza scrupoli. Il film è tutto nella toccante scena che mostra Frank regalare la “dolce morte” al padre di Mary. Con sagacia e maestria il regista lascia chiaramente intendere che dietro la scelta del protagonista di staccare la spina al paziente si nasconde un disperato desiderio di lasciarsi alle spalle tutte le umane sofferenze di cui è costretto a farsi carico giorno dopo giorno. Più poetico di quello italiano, il titolo originale rimanda alla speranza di restituire la vita al paziente. Sceneggiatura di Paul Schrader, alla quarta collaborazione con Scorsese ed autore dello script di Taxi driver, Toro scatenato e L’ultima tentazione di Cristo. Dal romanzo Pronto soccorso di Joe Connelly.

 

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