Dal 1946 un treno
di ricordi
Per l’immaginario collettivo il 1946 è
l’anno del referendum che sancì la nascita della repubblica it
Napoli, allora, era devastata dalla fame
e dalla miseria ed i bambini giravano scalzi, infreddoliti e denutriti per le
strade della città. Al tempo, Maurizio Valenzi ed altri militanti al Partito
Comunista It
Paola Zeni mentre stringe tra le dita
una sigaretta che l’avvolge in una nuvola di fumo, si lascia disgregare dal
ricordo.
“Mio padre, un convinto antifascista,
non essendo iscritto al partito non lavorava da molti anni e non riusciva a
garantire un pezzo di pane ai suoi sei figli a sua moglie ed alla nonna. Ricordo
che la prima volta che partii avevo cinque anni ed in quel treno ero in
compagnia delle mie due sorelle; Iris di sei e Gigliola di otto. Ad accoglierci
alla stazione di Modena, in una notte dal freddo polare, un mucchio di persone.
Io fui scelta da un vecchio molto magro, con capelli e barba bianca che mi fece
sedere sul manubrio della sua bicicletta e mi portò nella sua fattoria. Le mie
due sorelle furono, invece, ospitate in un paese vicino. In quei quattro mesi
dormii finalmente in un letto soffice e caldo e fui coccolata dall’anziana
moglie di quel signore. Ricordo che una volta fui portata ad una fiera e quasi
per miracolo, tra la folla, incontrai Iris e Gigliola. Quando le rividi, fu
un’emozioni fortissima. Quanto rientrammo a Napoli la situazione economica della
nostra famiglia non era mutata di molto; per comprare alla borsa nera un po’ di
cibo mio padre, ancora disoccupato, aveva venduto mobili ed i pezzi del corredo.
Otto mesi dopo partii da sola per Alessandria, in Piemonte e fui scelta da
Giuseppina, una donna dolcissima che mi voleva molto bene e mi tenne con sé due
anni e mezzo, tirandomi su a brodo di carne, pollo e litri di olio di fegato di
merluzzo. Nonostante fossi sommersa da cure ed affetto sentivo sempre molto
forte la nostalgia di casa e così decisero che potevo ritornare a Napoli.
Giuseppina mi accompagnò e fu ospite della mia famiglia per un mese. Per anni,
in occasione del mio onomastico, lei continuò ad inviarmi un assegno di
cinquemila lire e con questa grossa cifra i miei genitori riuscivano a tirare
avanti per dei mesi interi. Quando poi divenni più grande e provai a cercarla di
lei non ebbi più notizie.
Di questa vicenda quello che colpisce
non è solo il racconto accorato ed appassionato di Paola, carico di pathos e di
emozione, né la conferma che, al tempo, i comunisti non mangiavano i bambini, ma
la scoperta che numerose famiglie operaie e contadine misero in atto una
commovente gara di solidarietà per aiutare quei bambini napoletani.
Articolo pubblicato su "Il Napoli - Epolis"- 06-02-2007